di Monica Paternesi I dati sono solo l'ennesima conferma. Nonostante i grandi passi in avanti fatti contro il divario di genere, per quanto riguarda il lavoro l'Italia è ancora agli ultimi posti in Ue. Ora però le possibilità rappresentate da Recovery plan sono "un'occasione da non perdere" per intervenire, con strumenti "importanti" a partire dalle leve di base essenziali per offrire pari opportunità a donne e uomini, come i servizi per la cura della persona e in particolare gli asili nido. A mettere nero su bianco l'intento del governo, è la sottosegretaria all'Economia Cecilia Guerra, illustrando in audizione alle Commissioni Bilancio di Senato e Camera, la Relazione sperimentale sul bilancio di genere 2019 messa a punto dal Mef. E non solo: più in generale sarà anche necessario che i Piani nazionali di ripresa e resilienza collegati all'uso delle risorse europee includano il più possibile valutazioni degli impatti di genere, accanto a quelli già previsti per la transizione ecologica e la trasformazione digitale. E anche qualche risorsa, visto che per ora , solo circa lo 0,3% delle spese di bilancio è destinato a ridurre le diseguaglianze di genere.
"Per quanto riguarda gli asili nido sono appena stati ripartiti tra le Regioni i 2 miliardi di fondi previsti dalla legge di stabilità dello scorso anno per il potenziamento delle infrastrutture - spiega Cecilia Guerra- costruzione e ristrutturazione degli edifici, mentre nella manovra di quest'anno è previsto un fondo strutturale di 100 milioni all'anno di spesa corrente a partire dal 2022 dedicato alla gestione degli asili nido". Due voci che si andranno ad aggiungere ad un intervento da gestire nell'ambito del Next generation Eu.
La strada da fare è parecchia, perchè sul lavoro il divario è forte sia sul fronte della qualità che della quantità: il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2019 è ancora molto basso (50,1%) e registra una distanza di 17, 9 punti percentuali da quello maschile, con forti differenze tra l'occupazione delle donne pari al 60,4% al Nord e al 33,2% nel Mezzogiorno. Sul fronte della qualità del lavoro aumentano le donne in part-time (32,9% nel 2019), involontario nel 60,8% dei casi e sebbene le laureate siano 12,2 punti percentuali in più degli uomini , il 26,5% è sovraistruita rispetto al proprio impiego. Inoltre analizzando il lavoro delle donne nella fascia di età 25-49 anni si rileva un forte gap occupazionale (74,3%) tra le donne con figli in età prescolare e le donne senza figli, uno dei sintomi più evidenti delle difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita professionale. E non va meglio sotto il profilo del reddito : quello delle donne è in media il 59,5% di quello degli uomini a livello complessivo; per non parlare di quelli più alti dove la percentuale femminile nei contribuenti top 10%, top 5% e top 1% è rispettivamente del 26,5%, 23,7% e 16,2% . D'altronde non potrebbe essere altrimenti, visto che la percentuale di bambini con meno di tre anni presi in carico da parte di asili nido pubblici era il 12,5 % nel 2017 e l'1% per i servizi integrativi per la prima infanzia.
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