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Responsabilità Editoriale Gruppo Italia Energia

Dibattito pubblico, il testo arriva in Parlamento

Tolte le opere non rientranti nel Codice appalti

Quotidiano Energia - Approda in Parlamento lo schema di Dpcm sul dibattito pubblico.

Il testo è stato trasmesso ieri alle commissioni Ambiente della Camera e Lavori pubblici del Senato che dovranno dare il parere entro il 29 gennaio. Malgrado la fine della legislatura, in teoria l’attività sugli atti del Governo va avanti. Si attende ora la calendarizzazione ma con i parlamentari impegnati in campagna elettorale non è scontato che si raggiunga il numero legale. Una volta decorso il termine il Governo potrà comunque adottare il Dpcm anche senza il parere delle Camere.

Rispetto alla versione portata in Conferenza unificata, nello schema scompaiono praticamente tutte le opere energetiche, a eccezione degli elettrodotti aerei di almeno 380 kV e 40 km di lunghezza. A conferma di quanto evidenziato il mese scorso da QE, tali opere sono state escluse in quanto non rientranti nel Codice degli appalti. In particolare, si legge nella relazione illustrativa, il Mise ha evidenziato che l’esclusione riguarda “le infrastrutture energetiche, qualificabili come opere private di interesse pubblico che sono soggette ad autorizzazione da parte del Ministero dello Sviluppo economico”.

Già nella versione precedente erano stati eliminati l’upstream, gli oleodotti, gasdotti o condutture per prodotti chimici, le raffinerie, le centrali idroelettriche ed eoliche oltre i 100 MW, i depositi di stoccaggio di prodotti chimici, petrolchimici, petroliferi, di gas, di Gpl e combustibili solidi sopra i 300 mila mc e gli impianti di trattamento dei rifiuti nucleari.

Sono stati poi eliminati gli impianti chimici con capacità produttiva superiore a 500 Gg/uomo, nonché il riferimento esplicito alle centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 2.000 MW. Resta invece la categoria più generica degli impianti e insediamenti industriali che comportano investimenti superiori ai 300 mln € al netto di Iva.

Tra le opere rientrano invece gli “impianti destinati a trattenere, regolare o metri o che determinano un volume di accumulare le acque in modo durevole” (con altezza superiore a 30 metri e invaso superiore a 40 milioni di metri cubi) nonché le opere che prevedano o possano prevedere trasferimento d'acqua tra regioni diverse (portata uguale o superiore a 4m3/s) e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183.

La relazione sottolinea come le soglie (“verificate e discusse con le principali aziende pubbliche del comparto infrastrutturale ed energetico, con le associazioni ambientaliste di livello nazionale e con i ministeri competenti”), siano più alte rispetto a quelle previste nel “débat public” francese. Ma a differenza di quest’ultimo nel caso italiano “alcune tipologie di opere sono obbligatoriamente sottoposte alla procedura”, da cui “la necessità di avere soglie dimensionali superiori per limitare il ricorso alla procedure per le opere realmente impattanti”.

Va infine sottolineato che il dibattito pubblico relativo alle opere energetiche dovrebbe essere ricompreso in altri provvedimenti, a partire dall’attuazione della riforma della Via. Senza dimenticare i casi singoli (quali il deposito nucleare) per i quali la partecipazione pubblica è già in qualche modo prevista.