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Istat: 50mila donne si sono rivolte a centri antiviolenza

Istat: 50mila donne si sono rivolte a centri antiviolenza

Dati 2018. 30 mila ha iniziato percorso uscita dalla violenza

ROMA, 28 ottobre 2020, 14:56

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Sono quasi 50mila (49.394) le donne accolte nei Centri antiviolenza (Cav) nel 2018, una percentuale in aumento (+13,6% rispetto all'anno precedente), 17,2 ogni 10mila. Le donne che hanno avviato un percorso di uscita dalla violenza sono 30.056, delle quali il 63,5% lo ha iniziato nel 2018. Al 31 dicembre 2018 erano attivi nel nostro Paese 302 Centri antiviolenza (di cui 30 aperti nel 2018), pari a 0,05 centri per 10mila abitanti, valore stabile rispetto al 2017. Ai Centri che hanno aderito all'Intesa Stato-Regioni vi del 2014 si aggiungono, inoltre, circa cento centri che ancora non rientrano. La crescita maggiore di CAV si riscontra in Molise (+67%, due in più), Lazio (+53%, otto in più), Lombardia (+33%, 16 in più), mentre una riduzione si osserva in Sicilia (-20%, tre Centri in meno) e in Campania (-10%, cinque in meno). I CAV che hanno partecipato alla rilevazione sono 2577.
    Da due anni l'Istat conduce le rilevazioni "sulle prestazioni e i servizi offerti" rispettivamente dai Centri antiviolenza e dalle case rifugio, in collaborazione con il Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio e le Regioni. In questo report si presentano i principali risultati della seconda edizione dell'indagine sui Centri antiviolenza, effettuata nel 2019 e riferita all'attività svolta nell'anno precedente. Il 63% delle donne che hanno iniziato il percorso di allontanamento dalla violenza ha figli, minorenni nel 67,7% dei casi. Le donne straniere costituiscono il 28%. I Centri antiviolenza sono aperti in media 5,2 giorni a settimana per circa 7 ore al giorno; il 68,5% ha una reperibilità nelle 24 ore, il 69,6% ha la segreteria telefonica attiva quando non è aperto, il 22,6% ha messo a disposizione delle utenti un numero verde, il 50,2% ha una linea telefonica dedicata agli operatori.
    Inoltre il 95,3% aderisce al numero 1522. I Centri sono promossi da soggetti privati nel 61,9% dei casi. Quasi tutti , sia promotori che gestori dei Centri, operano da più di 5 anni (96%). Si occupano esclusivamente di violenza di genere il 66% degli enti privati promotori e il 57% degli enti privati gestori. I servizi offerti dai Centri antiviolenza sono molteplici. I più frequenti sono quelli di ascolto e accoglienza, di orientamento e accompagnamento ad altri servizi della rete territoriale (entrambi 96,5%), supporto legale (93,8%), supporto e consulenza psicologica (92,2%), sostegno all'autonomia (87,5%), percorso di allontanamento (84,0%) e orientamento lavorativo (80,5%).
    Al Sud e nelle Isole, i servizi spesso sono erogati direttamente dai Centri mentre al Nord prevale il modello misto in cui sono coinvolti anche altri servizi/strutture territoriali.
    Il 49,4% dei Centri antiviolenza dispone di sportelli sul territorio che forniscono servizi simili a quelli del Centro al fine di raggiungere un numero maggiore di donne. I Centri puntano sulla qualità dei servizi offerti, investendo sulla formazione obbligatoria delle proprie operatrici (svolta dall'87,9% dei Centri) e sull'attività di supervisione, inerente sia l'organizzazione sia le attività svolte insieme alle donne, condotte dall'86% dei Centri. L'82,9% dei Centri aderisce a una rete territoriale, quasi sempre formalizzata attraverso convenzioni o protocolli d'intesa/accordi (92,5% dei casi). Le operatrici che lavorano nei Centri sono 4.494, di cui 2.492 (55,5%) impegnate esclusivamente in forma volontaria e 2.002 retribuite. La forma di finanziamento principale dei Centri prevede un mix di fondi pubblici e privati (51,4% dei casi). Il 39,3% riceve esclusivamente finanziamenti pubblici, il 2,7% solo finanziamenti privati. In totale, i finanziamenti pubblici alimentano l'attività del 90% dei Centri.
   

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