Proteggere i detenuti, gli agenti di
Polizia Penitenziaria e gli operatori sanitari dall'epidemia di
coronavirus e scongiurare il rischio che gli istituti
penitenziari, possano divenire focolai di contagio e diffusione
della malattia. Sono gli obiettivi dell'intervento di Medici
Senza Frontiere (Msf) nel carcere di San Vittore a Milano,
partito a fine marzo in collaborazione con la Direzione della
struttura a seguito dell'individuazione dei primi casi positivi
e della creazione di un centro di cura e trattamento del
Covid-19 interno al carcere. Da San Vittore, l'intervento Msf si
è successivamente esteso anche in altri istituti penitenziari in
Lombardia, Marche, Piemonte e Liguria.
Sono state definite le procedure per l'ingresso dei nuovi
detenuti, per individuare casi sospetti, verificarne la diagnosi
e identificare i contatti dei casi confermati; individuati
circuiti interni per passare in sicurezza dalle zone "pulite" a
quelle "sporche" e viceversa; ottimizzate le attività di
sanificazione di tutti gli ambienti. Nel reparto Covid-19
all'interno del carcere, Msf ha inoltre supportato
l'implementazione dei protocolli sulla presa in carico dei
pazienti positivi, inclusa l'eventuale necessità di
trasferimento all'ospedale.
"In un carcere, mantenere il distanziamento sociale- spiega
Sara Sartini, capo progetto MsF a San Vittore - è una sfida
complessa. Il nostro obiettivo è aiutare a implementare delle
procedure per avere lo stesso livello di sicurezza in tutti gli
spazi e per tutte le persone all'interno della struttura. In
un'epidemia non esistono zone a rischio zero, è proprio quando
abbassiamo la guardia che facciamo aumentare il pericolo. In
carcere, aree comuni come quella che ospita la macchinetta del
caffè per gli agenti o gli spazi comuni per i detenuti,
potrebbero essere più pericolose dell'area Covid positiva".
Agenzie ed esperti internazionali hanno elaborato
raccomandazioni specifiche rivolte alle autorità carcerarie e di
sanità pubblica dei governi. Tuttavia, rispetto alla situazione
delle carceri in Italia, - sostiene Msf - molte di queste misure
rischiano di essere di difficile applicazione o scarsa
efficacia, se non accompagnate da iniziative di
decongestionamento degli istituti penitenziari. "Per proteggere
davvero detenuti e agenti resta importante affrontare in modo
incisivo il problema del sovraffollamento" afferma Marco
Bertotto, responsabile per gli affari umanitari di MSF.
Secondo l'ultimo bollettino del Garante nazionale dei
detenuti, oggi in Italia le persone detenute negli Istituti
penitenziari sono 52.250, su una capienza effettiva di 46.731.
Al 5 giugno il numero dei casi confermati di Covid-19 è sceso a
74 tra le persone detenute e 62 tra il personale penitenziario.
I numeri si addensano in alcuni Istituti del Nord Italia.
"I dati in diminuzione sui contagi negli istituti penitenziari
sono incoraggianti ma non bisogna abbassare la guardia:
l'attenzione a tutte le misure di prevenzione deve rimanere
alta, soprattutto nel momento in cui ripartono i colloqui e
altre attività a contatto con l'esterno" conclude Bertotto di
Msf.
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