Impennata del numero di interdittive
antimafia che nei primi nove mesi dell'anno viaggia alla media
di sei al giorno, 23 prime attività pre investigative collegati
alla criminalità organizzata con il coinvolgimento di 26
Direzioni Distrettuali competenti e 128 soggetti attenzionati,
l'incremento dei fenomeni di usura, in crescita del 6,5 per
cento, rischio liquidità per circa 100mila imprese società di
capitali e allarme per i cybercrimes in aumento rispetto allo
scorso anno. Mafie e Covid: fatti l'uno per l'altro. È quanto
risulta dal rapporto "La tempesta perfetta. Le mani della
criminalità organizzata sulla pandemia curato da Libera e da
Lavialibera nel quale convergono dati e analisi desunti dal
grande lavoro compiuto da Carabinieri, Polizia, Guardia di
Finanza e dalle relazioni istituzionali della Direzione
Investigativa Antimafia, della Procura Nazionale e degli studi e
rapporti sul riciclaggio della Banca d'Italia.
L'emergenza in atto, inaspettata e di enormi proporzioni,
potrebbe determinare una crescita esponenziale dei profitti
derivanti dal malaffare. E se la rapida diffusione del
Coronavirus in Italia ha colto tutti impreparati, ciò non
succede per le grandi organizzazioni criminali che sono in grado
di farvi fronte più agevolmente perché nel loro tessuto
connettivo è insita la capacità di rapido adattamento ai
mutamenti economici e sociali. Le mafie hanno infatti un enorme
vantaggio rispetto allo Stato: la rapidità di pensiero e di
esecuzione. Ovviamente sfruttando il vantaggio di non avere
regole, se non quelle interne al clan.
I mafiosi e i corrotti, dopo aver osservato la scena della
tragedia, ora sono in agguato o già operanti, come si evidenzia
dall'incremento di alcuni reati spia. Si registra un'impennata,
con un andamento disomogeneo a livello territoriale, del numero
di interdittive antimafia emesse dalle prefetture nei confronti
di aziende controllate o condizionate dalle organizzazioni
criminali. Nei primi nove mesi dell'anno si viaggia alla media
di sei interdittive al giorno. Il ministero dell'Interno ne
registra 1.637 (nello stesso periodo del 2019 erano state 1540)
con un incremento del 6,3 per cento. Gli aumenti maggiori si
registrano in Campania che passa dalle 142 interdittive del 2019
alle 268 del 2020 (+229 per cento) segue Emilia Romagna con + 89
per cento. Da segnalare le nuove entrate della Sardegna che
passa da zero interdittive del 2019 alle otto del 2020, le
Marche da zero del 2019 alle dieci del 2020, Trentino Alto Adige
da zero a due interdittive. Significativo il dato del Molise che
passa dalle sei interdittive del 2019 alle 28 del 2020(+366 per
cento) e della Toscana con 26 interdittive nel 2020 erano dieci
nel 2019( +160 per cento).
In seguito agli approfondimenti delle specifiche segnalazioni
riguardanti le anomale operatività bancarie così come trasmesse
dall'U.I.F nel periodo aprile-settembre 2020, hanno generato 23
atti d'impulso di indirizzo pre-investigativo collegati alla
criminalità organizzata, che vede il coinvolgimento di 26
Direzioni Distrettuali competenti e 128 soggetti attenzionati.
Nel 2019 erano stati 18 gli atti d'impulso di indirizzo
pre-investigativo e 62 i soggetti attenzionati. Come si legge
nella Relazione annuale della Dna, nel dettaglio il 31 per cento
degli atti di impulso riguardano contesti riferibili alla
camorra da comprendersi anche clan federati nel cartello dei
casalesi, seguiti con il 19 per cento dalla 'ndrangheta e, in
percentuale minore, 8 per cento da Cosa Nostra siciliana. Ben il
38 per cento riguarda le altre organizzazioni criminali con
particolare riferimento ai Casamonica e Fasciani. Sette attività
pre-investigative riguardano la DDA di Roma, segue con 3
attività pre-investigative la DDA di Napoli e di Ancona.
"Mafie e Covid: fatti l'uno per l'altro. È quanto risulta da
questo rapporto, una fotografia inquietante del grado
dell'infezione mafiosa ai tempi del Covid. Fotografia- commenta
Luigi Ciotti, presidente di Libera- che si è potuta sviluppare
grazie alla "camera" non oscura ma chiara, trasparente, luminosa
della condivisione e della corresponsabilità. Vale a dire il
"noi". Come Libera ripete nel suo piccolo da venticinque anni:
solo insieme ci possiamo salvare".
Nel rapporto viene presentato uno studio dei ricercatori della
Banca d'Italia che hanno analizzato l'impatto dello shock
generato dall'epidemia di Covid-19 sul fabbisogno di liquidità,
la patrimonializzazione, la redditività e la struttura
finanziaria di circa 730.000 società di capitali italiane. I
dati si riferiscono per le sole società di capitali, che
costituiscono un sottoinsieme altamente rappresentativo delle
imprese attive in Italia (80 per cento del valore aggiunto e 87
per cento del fatturato complessivi). In assenza delle misure di
sostegno, la riduzione dei fatturati generati dall'emergenza
Covid-19, avrebbe determinato un fabbisogno di liquidità di
circa 48 mld di euro per 142.000 imprese (19 per cento del
campione totale). Le misure di sostegno previste dal Governo
hanno permesso a 42.000 delle 142.000 imprese di fronteggiare le
loro esigenze di liquidità. Il fabbisogno di liquidità delle
rimanenti 100.000 imprese ammonterebbe però a circa 33 mld di
euro. Centomila imprese, un numero cifra che preoccupa e che
pone tanti interrogativi. Quante di queste imprese ritorneranno
sul mercato salvate da una liquidità "sporca" che necessita di
essere riciclata? Una domanda per ora senza risposta. Da
valutare con cautela, infine, l'incremento dei fenomeni di
usura, in crescita nei del 6,5 per cento passando da 92 a 98
episodi denunciati nei primi sei mesi dell'anno rispetto allo
stesso periodo del 2019 . Allarme per i cybercrimes: prendono di
mira importanti aziende italiane, e dietro ci sono
organizzazioni criminali sia italiane sia straniere. L'allarme
viene confermato dalla forte crescita delle segnalazioni della
Polizia postale: dal 1 gennaio al 29 ottobre 2020 sono stati
rilevati 476 attacchi informatici contro i 105 del 2019. Non
cambia la situazione a livello europeo. Non possiamo abbassare
la guardia: è alto il rischio delle organizzazioni criminali di
mettere le mani sui fondi europei per la ripresa economica,
quasi 209 miliardi di euro spettanti all'Italia del Recovery
Fund, circa il 28% dei 750 miliardi di euro previsti dal
Consiglio Europeo per gli Stati Membri.
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