Nel 27,3% degli istituti penitenziari
visitati dall'associazione Antigone, più di un quarto,
sembrerebbero esserci celle in cui i detenuti hanno a
disposizione meno di 3mq a testa di superficie calpestabile, una
condizione che secondo la Cassazione italiana è da considerare
inumana e degradante, in violazione dell'art. 3 della
Convenzione europea dei dei diritti dell'uomo. Inoltre in più
della metà degli istituti sono state trovate celle senza acqua
calda disponibile e, in altri cinque, celle in cui il wc non era
nemmeno in un ambiente separato dal resto della stanza.
E' quanto emerge da un Rapporto diffuso oggi da Antigone che
nel corso del 2019 Antigone, grazie alle autorizzazioni che dal
1998 riceve dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria,
ha visitato con i propri osservatori 106 istituti penitenziari,
oltre la metà di quelli presenti in Italia. L'elaborazione dei
dati raccolti è ancora in corso ma i dati che emergono dalle 66
schede già lavorate restituiscono un panorama preoccupante per
la vita negli istituti. Anche sulla situazione sanitaria delle
carceri, infatti, emerge preoccupazione. In un terzo degli
istituti visitati non era presente un medico h24 ed in media per
ogni 100 detenuti c'erano a disposizione 6,9 ore settimanali di
servizio psichiatrico ed 11,6 di sostegno psicologico. Una
presenza bassa se si considerano le patologie psichiatriche di
cui soffre parte della popolazione detenuta. Dalle rilevazioni
dell'osservatorio di Antigone è infatti emerso che il 27,5%
degli oltre 60.000 reclusi assumeva una terapia psichiatrica.
Inoltre 10,4% erano tossicodipendenti con un trattamento
farmacologico sostitutivo in corso.
Anche per quanto riguarda il lavoro la situazione non è
migliorata rispetto agli anni passati, fa notare Antigone: i
detenuti che lavoravano alle dipendenze dell'amministrazione
penitenziaria sono, in media, circa il 25% e, nella maggior
parte dei casi, questo impegno è solo di poche ore al giorno e
non in tutti i giorni della settimana. Solo il 2,2% lavora per
una cooperativa privata o per un datore di lavoro esterno.
Infine, nel 30% degli istituti visitati, non c'è alcun corso di
formazione professionale.
"Se il lavoro è uno degli strumenti di maggior importanza per
una effettiva risocializzazione del condannato, questi numeri
testimoniano un sistema spesso schiacciato sulla funzione
custodiale" sottolinea ancora il presidente di Antigone.
"Un fattore quest'ultimo che emerge anche dando uno sguardo
alla distribuzione del personale penitenziario, in maggioranza
composto da agenti di polizia. In media, nelle nostre visite,
abbiamo trovato un agente ogni 1,9 detenuti (uno dei dati più
bassi in Europa), ed un educatore ogni 94,2 detenuti. Inoltre
solo in poco più della metà degli istituti c'era un direttore a
tempo pieno, con tutte le difficoltà di gestione della vita
interna che questa mancanza comporta. A proposito di nuove
assunzioni nelle carceri - conclude Patrizio Gonnella - speriamo
che si sblocchi presto quella di giovani direttori. Il bando è
fermo da troppo tempo. Ne va della finalità rieducativa della
pena prevista dall'articolo 27 della Costituzione".
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