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Tempo Libero

AS A LOCAL, Tel Aviv raccontata da chi ci abita

Caffè, spiagge, zone trend, dall'alba a notte fonda, una città che non si ferma mai

Tel Aviv spiaggia © ANSA
  • di Massimo Lomonaco
  • 14 luglio 2018
  • 10:09

Il dilemma di un avvio di giornata a Tel Aviv è solo uno: portare via ('LaKachat') o sedersi ('LaScevet')? La colazione al banco non è infatti contemplata. Cornetto d'ordinanza e caffè - che sia espresso, americano o 'hafuch' (il cappuccino) - o si consumano camminando o diventano una pratica cui dedicare tutto il tempo necessario. Scelta la tipologia, non c'è che l'imbarazzo della scelta. Per gli amanti della colazione al volo, 'Boutique Central' è un buon inizio. Catena israeliana take away di pasticceria e caffetteria casher si trova in ogni quartiere di Tel Aviv. Per chi invece predilige prendere tempo e magari unirci un po' di storia, basta andare in uno dei chioschi lungo Boulevard Rothschild, passerella chic della città.
    L'ultimo a sud, all'incrocio con Via Herzl, è del 1909 anno di fondazione della 'Collina della Primavera' (Tel Aviv): un'istituzione. Ma sono altrettante icone quelli su Boulevard Ben Gurion o Nordau, lunghi viali a nord della città. Poi ci sono i caffè che non sono mai solo caffè, ma locali capaci di cambiare atmosfera e adattarsi ai diversi momenti della giornata. A pochi passi da Boulevard Rothschild, su Yehuda Halevi, c'è una chicca come 'Delicatessen'. Sul modello del newyorkese 'Katz's', è un rifugio perfetto del gastronauta. Un 'delishop' che riserva sorprese europee e mediorientali. Più tradizionale, con atmosfera anni '60/'70, 'Cafè Bialik' che la sera diventa un locale con musica dal vivo. Si trova all'inizio dell'omonima via, dedicata al poeta nazionale ebraico per eccellenza Haim Nachman Bialik, la cui casa in fondo alla strada è assolutamente da vedere: un mix di decò arabeggiante e preziosismi fine '800 primi '900. Tra il caffè e la piazza, anch'essa intitolata a Bialik, in appena 250 metri è un susseguirsi di edifici in stile Bauhaus: un unicum architettonico europeo in Medio Oriente che ha meritato a Tel Aviv il soprannome di 'White City' e la nomina di Patrimonio Unesco dell'umanità. Sulla fontana al centro della piazzetta, una delle più intime e suggestive della città, si affaccia 'Beit Ha'ir', il palazzo che ospitò la prima sede del Comune di Tel Aviv. Nella stanza al primo piano - ancora perfettamente conservata - Meir Dizengoff governava la città durante il Mandato britannico plasmandola con la sua personalità esuberante. Per godere di altri esempi di Bauhaus, basta restare in zona e spostarsi nelle vie adiacenti a 'Kikar HaBima', la bellissima e razionale piazza del Teatro nazionale. Nella sala sala concerti attigua - esclusiva quanto la Scala - Arturo Toscanini diresse il 20 dicembre del 1936 la prima volta dell'Orchestra nazionale della Palestina composta dai musicisti ebrei in fuga dall'Europa. Dopo aver passato la mattina naso all'insù, una pausa è necessaria: niente di meglio che Giaffa, il quartiere a prevalenza arabo della città a picco sul mare. Lì, lontani dal turismo di massa, ci si può sedere ai tavoli di 'Abu Hassan', forse il miglior hummus della città; ma bisogna arrivarci entro le 14, dopo chiude. Una volta ristorati, si possono affrontare meglio gli hangar del porto, i vicoli della città vecchia, le botteghe di 'Shuk HaPishpishim', il mercato delle pulci. Sotto un portico, a pochi passi dalla piazza della Torre dell'Orologio ottomano, simbolo del quartiere, c'è l'atelier di 'Maskit', prima e unica casa di moda israeliana, fondata nel 1954 da Ruth Dayan (101 anni e ancora alla presidenza dell'azienda), moglie del mito guerriero di Israele, Moshè Dayan. Dalla parte più alta di Giaffa c'è una vista mozzafiato: il lungomare di Tel Aviv, la 'Tayelet' (La Passeggiata). Cinque chilometri che fanno invidia a Copocabana, da percorrere a piedi o in bici. Qualunque cosa si scelga, è un luogo indimenticabile: dall'alba, al tramonto, a notte fonda, non è mai ferma. I 15 stabilimenti che la punteggiano offrono sdraio e ombrelloni (a poco prezzo), bar e ristoranti, servizi, docce e spogliatoi e anche vere palestre all'aperto, attrezzate di tutto punto e gratuite. Ad ogni ora, squadrette di beach e foot volley si affrontano senza tregua, ragazzi con tavole da surf sotto braccio puntano il mare, vele da kite si innalzano in cielo. Gli stabilimenti delle spiagge sono rigorosamente divisi in tribù marine: all'Alma Beach, più vicino a Giaffa, israeliane o straniere in bikini fanno il bagno insieme ad arabe vestite di tutto punto. In pieno centro, Frishman beach d'estate si divide in due: una metà italiana e l'altra francese. Il suo punteggio è ulteriormente salito da quando è stata visitata di recente dal Principe William, salito sulla torretta dei bagnini. Superata la 'Marina di Tel Aviv' ecco lo stabilimento snob dell'Hotel Hilton, spiaggia gay-friendly per eccellenza (anche se tutta la città lo è). A poca distanza si arriva a 'Metsitsim Beach' riservata a giorni alterni a uomini e donne ebrei ortodossi.
    Oltre c'è il 'Namal', il porto nuovo: un connubio di Venice e Ibiza, dalle lunghe pedane di legno ondulato bord de la mere, zeppo di negozi, ristoranti e, la sera, di discoteche da sballo vero. Se si rinuncia al mare, basta perdersi tra i mercati di 'Shuk HaCarmel', in pieno centro città, oppure in quello di 'Levinsky' a sud dell'abitato: un fiorire lussureggiante di profumi, colori, cibo, oggetti, di tutti i generi e di ogni parte del mondo. Difficile restare insensibili al richiamo dei falafel, delle pita, dello shawarma, del sabich (melanzane), della tehina, preparati in mille maniere ad ogni angolo. Ma anche del cibo da strada italiano che sempre di più spunta nelle bancarelle dei mercati. Si dice che a Tel Aviv, la 'Grande Bolla', si parlino tutte le lingue del mondo ed è vero. Ma soprattutto si parla la lingua della propria libertà.
   

  • di Massimo Lomonaco
  • 14 luglio 2018
  • 10:09

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