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Jean Claude, in vela dopo il linfoma per riprendere in mano il timone della vita

Il mare e' il più grande degli psicoterapeuti

Redazione ANSA

 Il mare e' il più grande degli psicoterapeuti. Questo è stato il mio pensiero quando ho frequentato lo scorso anno per la prima volta a maggio e poi una seconda volta a settembre un corso di vela di una settimana al centro velico di Caprera nell'ambito del progetto Alidivela, pensato per chi ha affrontato o affronta ancora un tumore. Dopo un'esperienza difficile ti ritrovi nudo e sei lì come se fossi da solo, tu e il vento, e questo da' un grande senso di libertà. Si risiede al centro velico, e' tutto un po' spartano: letti a castello, bagno esterno, occorre adattarsi a uno stile vita collettivo comunitario e talvolta duro, ma è anche questa l'alchimia, la magia. Ci sono psicologi, terapeuti e degli istruttori straordinari appositamente formati, per superare la paura ti viene incontro la tecnica che ti insegnano, e così scopri che è un'esperienza affascinante e non estremamente faticosa, adatta un po' a tutti, e che ti arricchisce anche moltissimo dal punto di vista umano. Ti aiuta a riprendere in mano il timone della tua vita. Io ho avuto l'opportunità di farla a un anno dalla mia guarigione, grazie al suggerimento della moglie di un amico. Poco meno di tre anni fa, ora ho 61 anni, mi è stato diagnosticato un tumore del sistema linfatico, un linfoma di Hodgkin.

L'ho scoperto casualmente. Ho sentito un bozzo, una protuberanza interna all'ascella. Sono andato dal mio medico: lui di solito non si preoccupa mai, ma mi ha suggerito di fare una visita specialistica. Dovevo partire, ho rimandato i controlli al mio rientro: ho fatto un'ago- biopsia, un intervento chirurgico con cui è stato rimosso un linfonodo per poter accertare al meglio la situazione e mi è stato così diagnosticato un linfoma di Hodgkin. Quasi subito ho iniziato la chemio, un po più di sei mesi con infusioni ogni 15 giorni. All'ospedale di Perugia ho avuto la fortuna di trovare due reparti di eccellenza, quello di oncologia e quello ematologia. I farmaci erano abbastanza potenti, tant'è che dopo il terzo ciclo ho dovuto interromperne uno ed ero abbastanza preoccupato, per problemi agli alveoli polmonari. Un altro mi ha fatto diventare le mucose tutte blu, sembravo un personaggio dei cartoni animati. E poi, una volta finito, ci sono i controlli, ogni quattro o sei mesi. Dopo un'esperienza così non si muore ma si rimane feriti.

In cura combatti e basta, dopo può anche manifestarsi una sindrome da stress post traumatico. Per questo occorre qualcosa che con uno 'stress' positivo sia in grado di contrastare quello negativo, come ad esempio è stata per me l'esperienza del corso di vela a Caprera, in cui peraltro ero come una 'mosca bianca' in mezzo a tante donne. Ringrazio Simonetta e Beatrice che lo hanno inventato. Dopo la malattia si fanno bilanci, che non sempre sono positivi, ma la cosa più importante è il conforto che arriva dalla famiglia e dai propri cari, ma anche da chi ha vissuto la stessa esperienza. Ad esempio, abbiamo creato un gruppo Whatsapp dopo il primo corso, che è una piccola comunità in cui c'è grande attenzione allo stato di salute reciproco.Se qualcuno sta male, tutti sono in allerta.

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