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Nello Stromboli una spia per capire le future eruzioni

Nello Stromboli una spia per capire le future eruzioni

Scoperta dalle stesse particelle che hanno 'esplorato' le piramidi

30 aprile 2019, 15:21

Redazione ANSA

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Fontana di lava del vulcano Stromboli (fonte kuhnmi/ flickr) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Fontana di lava del vulcano Stromboli (fonte kuhnmi/ flickr) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Fontana di lava del vulcano Stromboli (fonte kuhnmi/ flickr) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ottenuta la prima radiografia dello Stromboli, con la stessa tecnica che sta permettendo di studiare le piramidi: ha scoperto una struttura nella sommità del vulcano, che aiuterà a comprendere meglio le future eruzioni. Pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la ricerca è nata dalla collaborazione fra i vulcanologi dell'Istituto Nazionale di Fisica e Vulcanologia (Ingv) e i fisici delle particelle dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

La tecnica utilizzata si basa su un principio simile a quello delle radiografie ai raggi X, ma si basa sulle particelle elementari chiamate muoni, che hanno una capacità di penetrazione nella materia molto maggiore rispetto ai raggi X. Per questo la tecnica della radiografia muonica può essere impiegata su strutture molto grandi, come le piramidi o un vulcano.

La radiografia ha rivelato così che sulla sommità del cono dello Stromboli c'è una zona con una densità di oltre il 30% inferiore rispetto allo strato roccioso sottostante e che corrisponde a una struttura di collasso che si è formata nell'area dei crateri durante l'eruzione del 2007, successivamente è stata riempita dal materiale piroclastico prodotto dall'attività esplosiva stromboliana.


La radiografia muonica dello Stromboli (fonte: INGV-INFN)

"Il risultato servirà a comprendere meglio i processi eruttivi stromboliani e la dinamica del versante della Sciara del Fuoco, che nel passato è stato più volte interessato da frane in grado di provocare tsunami", rileva Flora Giudicepietro, dell'Osservatorio Vesuviano di Napoli. La ricerca è stata possibile grazie a un rivelatore di muoni basato "sulle tecnologie sviluppate per l'esperimento Opera, che ha studiato ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso le proprietà del fascio di neutrini proveniente dal Cern", spiega Giovanni De Lellis dell'Infn e dell'Università Federico II di Napoli, a capo dell'esperimento Opera.

Per studiare il vulcano, i fisici hanno dovuto ideare un rivelatore trasportabile e resistente alle intemperie. "Dal numero di muoni che arriva sul rivelatore - spiega il coordinatore Valeri Tioukov, dell'Infn - possiamo capire la densità del materiale attraversato perché i muoni possono attraversare la roccia vulcanica, ma a seconda della densità e dello spessore una parte di questi viene assorbita"

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