ROMA - Serve un cambio di passo per il biologico italiano, rafforzando le Organizzazioni di Produttori (OP) da rendere affidabili, rappresentative e in grado di garantire adeguata remunerazione agli agricoltori associati. E' la ricetta indicata da Anabio, l'Associazione per il biologico di Cia-Agricoltori Italiani in un seminario promosso nell'ambito dell'assemblea annuale.
I numeri del bio, ricordati dall'associazione, parlano chiaro: 76 mila aziende per una superficie coltivata di quasi 2 milioni di ettari, il 15% sulla Superficie agricola utilizzata; consumi in crescita del 10% nel 2018, interessando il 64% degli italiani per un mercato che vale quasi 3,5 miliardi di euro. L'ortofrutta, con il 25,7% dei consumi, resta il comparto trainante ed è il settore più maturo in termini di aggregazione OP che però, pur con 304 organizzazioni, si attesta appena al 50% sul totale delle 603 OP italiane.
Secondo Anabio occorre rafforzare il ruolo economico delle OP con maggiore aggregazione, ma anche creare condizioni più solide di accesso a mercati difficili per il singolo operatore; OP che devono essere realmente controllate dagli agricoltori con forme giuridiche appropriate. Il presidente di Anabio-Cia Federico Marchini, ha rimarcato la necessità di avere nuove regole, chiedendo di approvare rapidamente il disegno di legge sul biologico fermo in Senato, anche perché interviene puntualmente anche sulle OP".
Il presidente di Cia Dino Scanavino, nel chiudere i lavori, ha sottolineato la necessità di puntare sul biologico in Europa. "Ai nuovi eletti chiediamo di accelerare nella riforma della Pac post 2020 che pone molta attenzione sulle potenzialità delle OP; di contro gli Stati dovranno muoversi in modo più omogeneo nella promozione e diffusione sul territorio".