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Non solo Bronzi, restauro al Museo Reggio

Non solo Bronzi, restauro al Museo Reggio

Dietro le quinte il "cuore" delle esposizioni dell'Archeologico

REGGIO CALABRIA, 05 aprile 2018, 13:11

di Clara Varano

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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REGGIO CALABRIA - Non solo Bronzi di Riace. La principale attrattiva del Museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria è solo il fiore all'occhiello del lavoro intenso di una squadra che opera quotidianamente cercando di portare alla luce sempre più tesori e donarli al mondo.

    Nell'ottica del direttore Carmelo Malacrino, infatti, il team che sta dietro le quinte, che non si vede ma che instancabilmente lavora per mostrare le collezioni che poi si ammirano, è ciò che fa la differenza. Da chi reinventaria i reperti anche grazie all'aiuto dei volontari del servizio civile, fotografando e documentando lo stato conservativo delle opere, agli ormai esperti restauratori Livia Farduto, Vincenzo Fazzari e Maria Sapone. Tutto quello che si ammira nelle teche del museo passa attraverso le loro "sapienti" mani, prima reinventariato e poi eventualmente restaurato. E negli ultimi anni, da quando il lavoro con la direzione di Malacrino è incrementato, "la soddisfazione è raddoppiata - hanno spiegato Farduto e Fazzari - anche perché il nostro è un lavoro in cui non si finisce mai di imparare e ogni intervento di restauro è un'esperienza a sé. Quello che possiamo dire è che finalmente stiamo svolgendo il lavoro che amiamo. Il rammarico è che lo facciamo poco prima della pensione".
    L'attività di restauro avviene al piano inferiore del museo su affreschi, mosaici e gli assistenti tecnici specializzati cercano di restituire le migliori condizioni conservative a ogni reperto "senza fretta - ha sottolineato Malacrino - perché qui non si fanno restauri in vista di esposizioni. È l'esatto contrario: prima restauriamo e quando l'opera è pronta si organizza un'esposizione per far conoscere il patrimonio che abbiamo". Ed è proprio questa l'ottica della nuova collezione "A nuova vita. Restauri al Museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria": far conoscere meglio questa attività "sotterranea" che prima il visitatore poteva solo intuire ammirando l'opera finita e che in questi mesi ha imparato ad apprezzare guardando il cantiere aperto del restauro della Testa di Basilea, ultimato recentemente da Giuseppe Mantella e possibile grazie alla sinergia con Intesa San Paolo che ha dato origine a "Restituzioni". Il recupero del manufatto bronzeo davanti ai visitatori è stato un successo. A molti ha ricordato quello dei Bronzi di Riace, quando ancora il museo non possedeva la collezione odierna. E sulla Testa di Basilea il direttore Malacrino anticipa una notizia- "Presto - dice - in onore al luogo del ritrovamento, il suo nome sarà Testa di Porticello".
    "Il primo risultato che riguarda proprio la testa di Porticello - ha spiegato Malacrino - è la conservazione. Non ci sono processi corrosivi attivi. Ha una immagine completamente nuova e più naturale nelle sue tonalità. Ora la conosciamo meglio tecnicamente e speriamo di realizzare presto nuovi cantieri di restauro su altri manufatti".
    Nell'ottica della promozione del MarRC, costantemente, le collezioni restaurate, vengono inserite, spesso mostrate al pubblico per la prima volta, in esposizioni tematiche studiate ad hoc da Malacrino, che si confronta costantemente con direttori di altri musei, nazionali ed internazionali. È stato così per "Zankle e Reghion" ed è così per "Dioniso. L'ebbrezza di essere un dio", nata in sinergia con il Museo Archeologico nazionale di Napoli. Una mostra in cui il rosso predomina e completamente allestita dal Museo di Reggio perché, come ha detto Malacrino, "non prendiamo mai pacchetti chiavi in mano". E che vuole condurre il visitatore lungo un percorso che attraversa il mito e le sue immagini, i rituali religiosi e le feste svolte in onore del dio, la musica e il teatro. Oltre 80 reperti, provenienti prevalentemente dalle collezioni calabresi, napoletane e di Intesa San Paolo, accuratamente selezionati per descrivere il dio "ibrido" e selvaggio tanto caro agli uomini proprio perché, forse, era quello che più era simile a loro.
   
   

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