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I fratelli Preti, talenti a confronto

A Palazzo Barberini 12 tele, anche Allegoria dei cinque sensi

Marzia Apice ROMA

ROMA - I musicisti che alludono all'udito, un fumatore di pipa all'olfatto; un oste e i suoi bevitori richiamano il gusto, una chiromante il tatto; infine un pittore, che guardando lo spettatore celebra la vista. Non mancano due filosofi antichi a riflettere sul valore della conoscenza sensibile, Democrito che ne ride beffardamente ed Eraclito che piange sulle miseria della condizione umana. Ruota attorno alla monumentale tela di impronta caravaggesca "Allegoria dei cinque sensi", la nuova mostra con cui le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma mettono a confronto i fratelli Preti, pittori calabresi attivi nel 1600.

Allestita a Palazzo Barberini dal 22 febbraio al 16 giugno e intitolata "Il trionfo dei sensi. Nuova luce su Mattia e Gregorio Preti", l'esposizione è curata da Alessandro Cosma e Yuri Primarosa e presenta in tutto 12 lavori, alcuni realizzati a doppia mano dai due artisti, altri invece firmati singolarmente. Il percorso inizia dalla grande Allegoria, dipinta insieme dai fratelli Preti negli anni '40 del '600, su commissione dei Barberini, tela rimasta per anni in deposito presso il Circolo Ufficiali delle Forze Armate. La mostra ora la restituisce al pubblico dopo un attento restauro realizzato da Giuseppe Mantella e finanziato dallo studio legale Dentons, durante il quale sono state svolte anche importanti indagini diagnostiche. Si tratta di una tela dalla lettura complessa (è ancora difficile distinguere le due mani, ma di certo è Gregorio il pittore ritratto nel quadro), che riflette temi caravaggeschi e un modello in voga nel '600, con gruppi di personaggi impegnati in varie attività a evocare allegoricamente i cinque sensi. "Il quadro, realizzato in un'unica pezza di tela, è cresciuto piano piano. Ci sono poche tracce di disegno preparatorio, e molte figure vennero cancellate o modificate: significa che i due fratelli costruirono la scena direttamente sulla tela", spiega il curatore Cosma, "l'attribuzione resta complessa: forse la parte centrale è attribuibile a Gregorio, ancora predominante in quella prima fase, ma già consapevole del talento del fratello".

Accanto all'Allegoria, le altre tele del percorso mostrano quanto Mattia, dopo gli anni di formazione nella bottega romana del fratello, fosse riuscito a interpretare i suoi riferimenti pittorici (da Caravaggio a Veronese e Tintoretto, da Guercino a Lanfranco) rielaborandoli in modo originale a differenza di Gregorio, la cui pittura ebbe risultati discontinui. L'esposizione evidenzia dunque affinità e divergenze tra i due fratelli pittori che hanno percorso una parte di strada insieme ma le cui carriere hanno poi avuto esisti diversi: il mestiere diligente di Gregorio fu messo in ombra dall'esuberanza del talento di Mattia, con il primo abituato a riproporre schemi e modelli già consolidati e il secondo che invece riuscì a conquistare un linguaggio compositivo più maturo e uno stile più personale già nel primo periodo (come dimostra la tela "Cristo e la cananea", esposta al pubblico per la prima volta). Accanto all'approfondimento sui fratelli Preti, la mostra permette anche di proseguire nell'intelligente lavoro iniziato già da tempo dalle Gallerie Nazionali e dalla direttrice Flaminia Gennari Santori, di valorizzazione di pezzi poco conosciuti, ma non per questo meno importanti, della propria collezione, anche con la collaborazione dei privati.

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