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L'attimo fuggente sul marmo, le foto di Cigada

A Roma l' occhio dell' artista sulle statue dell' antichità

Luciano Fioramonti ROMA

ROMA - Una caccia paziente aspettando il momento di grazia, quando il marmo colpito dalla luce in quell' istante preciso svela segreti ed emozioni che in un' ora o in una stagione diverse restano nascosti. "Come si fa a catturare l' attimo fuggente con una statua?": parte dalla domanda di un amico la minuziosa ricerca fotografica condotta da Stefano Cigada sui capolavori dell' antichità custoditi nei musei e nei siti archeologici che il Museo di Roma in Trastevere presenta nella mostra "Frammenti", dal 22 gennaio al 15 marzo. Ventuno immagini di un bianco e nero suggestivo, quasi tridimensionale -bla più 'vecchia' del 2014, l' ultima dell' estate 2018 - selezionate da Jill Silverman van Coenegrachts , che ha preteso una sola foto di ogni soggetto per questa prima rassegna. "Un colpo solo - dice Cigada - come dice De Niro nel film 'Il cacciatore'. Io inseguo l'effetto creato dalla luce naturale. I faretti dei musei sterilizzano le statue. La luce del giorno cambia tutto, a seconda dell' ora, di come e da dove arriva".
    Scenario privilegiato dell' autore, le statue della Centrale Montemartini, luogo espositivo della capitale con grandi vetrate. "Nel mio andare per musei non chiedo permessi - spiega - fotografo quello che c'è. Non voglio sapere che cosa sto fotografando, ricostruisco poi la storia dell' opera. Il mio approccio iniziale è esclusivamente visivo". L' occhio del fotografo si concentra su un dettaglio della statua, dall' occhio truccato del volto maschile nella villa di Tiberio a Sperlonga alla spalla piegata del discobolo a Palazzo Massimo.
    Lo scatto arriva con l' uso di obiettivi molto luminosi e l'apertura massima del diaframma su un punto determinato. Niente cavalletto, né ritocchi pesanti. In post produzione si lavora sui contrasti o per togliere l' eventuale elemento di disturbo.
    Anche il formato ha una sua ragione: "L' immagine per me ha quelle dimensioni, se si ingrandisce o si riduce, cambia l' equilibrio tra il bianco e il nero e cambia anche il risultato".
    Le stesse didascalie ingannano chi osserva. Via quindi i titoli e spazio solo al dove e alla data. La foto è quel luogo e quel momento, ricorda Cigada citando John Berger il quale a proposito dell' immagine era solito chiedere "Io vedo questo, tu cosa vedi?". Stefano Cigada, milanese di 57 anni, è arrivato al suggestivo bianco e nero dei marmi antichi dopo aver lavorato a colori su pesci e barche e per questa sua prima rassegna italiana ringrazia Roma. "Qui un museo istituzionale ha dato spazio ad uno sconosciuto - osserva - . A Milano, città dove vivo e che adoro, non succede. Artisticamente è tutto più brandizzato, chi vuole emergere trova più difficoltà". Il vero scopo del suo lavoro - dice - "far palpitare il marmo, cercando quello che manca, quello che non si vede, l' infinito in un frammento". Una delle foto alle quali è legato particolarmente ritrae una statua della Centrale Montemartini collocata davanti a una finestra. "Il 27 di settembre - racconta - quella statua è accarezzata per dieci minuti da un raggio di sole. Una settimana prima e una settimana dopo il sole passa oltre, e la fotografia è inutile. Solo durante quei dieci minuti succede qualcosa di magico". (ANSA).
   

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