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Defibrillatori salvavita diffusi, legge modello Piacenza

Salute & Welfare

Defibrillatori salvavita diffusi, legge modello Piacenza

È la città più cardioprotetta. Aschieri, 'salvate 121 vite'

ROMA, 18 giugno 2019, 19:20

di Livia Parisi

ANSACheck

Daniela Aschieri, direttrice dell 'Unità operativa di cardiologia e riabilitazione presso l 'Ospedale Unico della Valtidone (Piacenza) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Daniela Aschieri, direttrice dell 'Unità operativa di cardiologia e riabilitazione presso l 'Ospedale Unico della Valtidone (Piacenza) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Daniela Aschieri, direttrice dell 'Unità operativa di cardiologia e riabilitazione presso l 'Ospedale Unico della Valtidone (Piacenza) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ogni anno in Europa 400mila persone muoiono per arresto cardiaco, 60mila solo in Italia. Per salvare tante vite bisogna intervenire entro 10 minuti. Ma la sopravvivenza triplica se a usare i defibrillatori, il prima possibile, è il personale non sanitario in attesa dell'arrivo dell'ambulanza. Diffondere l'utilizzo e la conoscenza di questi strumenti salvavita in contesti non ospedalieri, è l'obiettivo di 8 proposte di legge presentate alla Camera, che andranno unificate in un testo in grado di assicurare un intervento precoce contro le conseguenze dell'arresto cardiaco. E tra le buone pratiche a cui si guarda, c'è il Progetto Vita, che ha reso Piacenza la città più cardioprotetta d'Europa.

Da non confondere con l'infarto, ovvero l'ostruzione di un'arteria coronarica, che più raramente può essere letale, l'arresto cardiaco si manifesta come l'improvvisa mancanza di coscienza e di respiro, con assenza del battito. Questa brusca interruzione delle pulsazioni del cuore è "il killer numero uno nel modo occidentale, uccide una persona ogni 8 minuti, nel 66% uomini e in genere di mezza età, ma può colpire chiunque, anche giovani e sportivi. Quando questo accade, ogni minuto che passa diminuisce del 10% la possibilità di sopravvivere, quindi intervenire prima fa la differenza", spiega Daniela Aschieri, direttore dell'Unità operativa di cardiologia presso l'Ospedale Unico della Valtidone, in provincia di Piacenza, e consigliera regionale dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri. In questi casi, si consiglia un massaggio di rianimazione cardiaca, in attesa dell'arrivo del defibrillatore. Perché, precisa, "solo l'utilizzo di quest'ultimo, attraverso una scarica elettrica che 'resetta il cuore', permette di avere chance di sopravvivere e, soprattutto di sopravvivere senza pesanti danni cerebrali". Questo va fatto il prima possibile e a farlo "può essere chiunque", come dimostrano i dati di Progetto Vita, illustrati dalla dottoressa Ascheri alla commissione Affari Social della Camera.

"La nostra esperienza, pilota in Europa - ha spiegato - ha consentito di installare ben 877 defibrillatori in città, dalle scuole alle macchine delle forze dell'ordine, e tutti integrati con la centrale operativa attraverso una app regionale". I nostri dati, sottolinea, "mostrano il 41% di sopravvivenza tra le persone defibrillate da personale 'laico', ovvero non sanitario, a fronte del 5% di quelli defibrillati da personale a bordo dell'ambulanza. E ora a Piacenza la semplificazione sta entrando nei condomini, con la presenza di un defibrillatore ogni 150 metri".

Spesso il problema non è però solo la mancanza di defibrillatori, ma anche le barriere al loro utilizzo, come la paura di fare del danno. "E' necessario quindi - aggiunge l'esperta - liberalizzarne l'utilizzo e aumentare l'informazione su come farlo, a partire dalle scuole". E questa è tra le ipotesi delle 8 proposte di legge presentate a Montecitorio (Gallinella, Minardo, Mulè, Rizzetto, Misiti, Frassinetti, Leda Volpi e Rizzo Nervo). In Italia oggi, infatti, è prevista una sorta di patentino, ma in realtà "non serve una formazione specifica". Per salvare migliaia di vite "dovremmo diffondere i defibrillatori tanto quanto gli estintori e dotare ognuno di istruzioni chiare, per far sì che chiunque, in caso di emergenza, possa usarlo". E' così che si sta, ad esempio, facendo a Piacenza, dove l'addestramento semplificato per personale non sanitario è stato "la chiave vincente". "Ci auguriamo che questo modello - conclude Aschieri - possa essere esportato in tutta Italia".

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