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La grande sfida dell’Europa: abbattere i tassi di disoccupazione e di inattività portando al lavoro anche i Neet, i ragazzi che non studiano e non lavorano
Uno dei baricentri della politica europea è quello dell'occupazione, in particolare quella giovanile. Favorire l'inserimento lavorativo dei giovani e ridurre il numero di persone che restano fuori dal circuito produttivo è una necessità diventata ancora più forte negli ultimi dieci anni. La crisi del 2008 ha infatti provocato un aumento generale della disoccupazione, con costi sociali ed economici altissimi.
Sono due i pilastri sui quali si basa la politica europea in questo settore: il Fondo sociale europeo (Fse) e l'Iniziativa per l'occupazione giovanile (Youth Employment Initiative).
L'Iniziativa per l'occupazione giovanile serve principalmente a garantire l'implementazione degli schemi “Garanzia giovani”. Lo scopo è quello di offrire supporto ai giovani che siano residenti in zone nelle quali il tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 25% (l’anno preso a riferimento è il 2012), e intercettare i cosiddetti Neet, cioè quelli che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in alcun percorso formativo.
L'Iniziativa finanzia progetti di apprendistato, stage, inserimento lavorativo e riqualificazione professionale. Il bilancio complessivo della Yei nel periodo 2014-2020 è pari a 8,8 miliardi di euro, che diventano 10,4 se si aggiungono i contributi dei 28 Stati membri. Inizialmente il bilancio era limitato a 6,4 miliardi ma nel 2016, a causa degli elevati livelli di disoccupazione ancora diffusi in tutta l'Ue, la Commissione ha deciso di aumentare gli stanziamenti. Così, nel giugno 2017, Consiglio e Parlamento hanno concordato un incremento di 2,4 miliardi da mettere in campo tra il 2017 e il 2020.
Dopo la Spagna (2,7 miliardi), l’Italia è il Paese a cui va la fetta più grande dei fondi riservati alla Yei: 1,8 miliardi, che arrivano quasi a 2,3 miliardi se si somma il cofinanziamento nazionale.
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Ma quali risultati ha portato, a tre anni di distanza, questo investimento? Sono stati 270.566 gli occupati grazie agli interventi di Garanzia giovani (dati Anpal aggiornati al 31 maggio 2018). Tutto sommato pochi, se consideriamo che le persone registrate al programma sono 1 milione e 334 mila. Ma molti non vanno oltre la registrazione: solo il 55,1% prosegue realmente con una attività di formazione o di tirocinio. E tra quelli che la concludono, il 42,3% trova lavoro entro il primo mese successivo, il 58,9% entro sei mesi.
Di Garanzia giovani fa parte anche una gamma di incentivi per l'assunzione dei Neet, che possono godere di una copertura per il 2018 di 100 milioni di euro. L'incentivo è pari alla contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Inail, per un importo massimo di 8.060 euro su base annua (in caso di lavoro a tempo parziale il massimale è proporzionalmente ridotto). Al 30 giugno 2018 sono state inviate 32.216 domande. Le regioni che ne hanno presentate di più sono Lombardia e Campania, seguite da Veneto ed Emilia-Romagna.
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Al di fuori dell'ambito giovanile, il principale strumento di cui l'Europa si avvale per promuovere l'occupazione è il Fondo sociale europeo. L'obiettivo di questo fondo è aiutare le persone a trovare un lavoro favorendo anche l'inserimento dei soggetti svantaggiati nella società e garantendo opportunità di vita più eque per tutti.
Il Fse dispone per il periodo 2014-2020 di 83,6 miliardi di euro di risorse Ue, ai quali si aggiungono 37 miliardi di cofinanziamenti nazionali, per un totale di 120,6 miliardi. L’Italia ne è il maggiore beneficiario in Europa, con 10,2 miliardi di euro, che diventano 17,7 se si aggiunge la quota nazionale di cofinanziamento (secondo beneficiario è la Polonia con 15,2 miliardi). Si tratta del 22,8% dell’intera torta dei fondi europei destinati al nostro Paese, che vale in totale 44,6 miliardi (quota nazionale esclusa).
Dei 10,2 miliardi messi a disposizione dall’Ue per il Fse italiano, 3,8 miliardi sono destinati direttamente a programmi di inserimento lavorativo, altri 3,1 sono impegnati nella formazione e 2,3 nell'inclusione sociale.
Ma in pratica come vengono impiegate queste risorse? Come gli altri fondi strutturali europei, anche il Fse è veicolato attraverso le Regioni. Ciascun ente locale predispone un Piano operativo regionale. Ogni regione interpreta l'obiettivo a modo proprio. La Toscana per esempio punta sui voucher per i corsi di formazione, in modo che ognuno possa scegliere il proprio ente formativo. In Lombardia, tra le varie iniziative, c'è “Nidi gratis”, iniziativa che punta a permettere alle donne di lavorare. In Puglia ci sono i “Cantieri innovativi di antimafia sociale”, in Liguria un bonus per favorire l'assunzione di lavoratori con più di 40 anni d'età. Per verificare le opportunità, occorre consultare il sito della propria Regione nelle pagine dedicate al Por Fse.
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Esiste poi una serie di altri strumenti europei dedicati all'occupazione. Uno è il Fondo di adeguamento alla globalizzazione (Feg), che offre un sostegno a chi ha perso il lavoro dopo che la propria azienda ha chiuso per non essere riuscita a resistere alla concorrenza internazionale, o ha delocalizzato la produzione in un Paese extra Ue. Il Feg dispone di una dotazione annua massima di 150 milioni di euro per il periodo 2014-2020 e può finanziare fino al 60% del costo dei progetti destinati ad aiutare i lavoratori in esubero a trovare un altro impiego o avviare una propria attività. In linea di massima, il Fondo può intervenire soltanto in caso di oltre 500 esuberi da parte di un'unica impresa (inclusi i suoi fornitori e produttori a valle), oppure di un elevato numero di esuberi in un determinato settore o in regioni confinanti. I casi che prevedono un intervento del Feg vengono gestiti e attuati dalle amministrazioni nazionali e regionali. Ogni progetto ha una durata di 2 anni.
Dal 2014 il Feg è stato attivato tre volte per l’Italia, nei casi riguardanti i lavoratori di Whirlpool (1,9 milioni di euro), Alitalia (5,3 milioni) e Almaviva contact (3,3 milioni).
Cosa distingue il Feg dal Fse? Quest'ultimo ha una prospettiva più strategica e a lungo termine basata su piani settennali, anticipando e gestendo l'impatto sociale e il cambiamento industriale con misure come l'apprendimento permanente. Il Feg invece offre ai lavoratori un sostegno individuale e limitato nel tempo.
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Ma c'è anche il Programma per l’occupazione e l’innovazione sociale (Easi), uno strumento finanziario che punta a promuovere un elevato livello di occupazione sostenibile e di qualità, garantire una protezione sociale adeguata e dignitosa, combattere l'emarginazione e la povertà e migliorare le condizioni di lavoro. La gestione del programma è totalmente nelle mani della Commissione europea e la sua dotazione complessiva per il periodo 2014-2020 è di 919 milioni di euro (prezzi 2013).
Va citato poi da ultimo Eures, il portale europeo della mobilità professionale che si propone di far incontrare domanda e offerta a livello continentale.
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