di Redazione ANSA

La sfida della transizione industriale per le regioni europee

Nel gergo utilizzato a Bruxelles vengono chiamate regioni “in transizione industriale” che devono definire la propria “strategia di specializzazione intelligente”. In linguaggio comune potrebbero essere descritte invece come regioni europee con una forte e radicata tradizione industriale che stanno però faticando a tenere il passo della globalizzazione e della trasformazione tecnologica. Per questo hanno bisogno di un sostegno che le aiuti a concentrare gli sforzi su quei settori, anche di nicchia, in cui possono essere maggiormente competitive a livello internazionale. Una “strategia di specializzazione intelligente”, appunto, che la Commissione europea vorrebbe diventasse uno dei capisaldi della prossima politica di coesione Ue.

Il Piemonte regione pilota in Europa

Il Piemonte regione pilota in Europa

Per provare a passare dalla teoria alla pratica, nel luglio 2017 la Commissione europea ha lanciato un progetto pilota che ha coinvolto dieci regioni e due Stati in tutta l’Ue. Fra questi, unica italiana, anche la Regione Piemonte. Nel corso dell’ultimo anno gli esperti di Bruxelles hanno incontrato le autorità nazionali e regionali per analizzare la situazione e capire come togliere i freni alla creazione di nuovi posti di lavoro e crescita sul territorio. La conferenza finale di questa prima parte dell’iniziativa si è svolta a Bruxelles l’8 maggio scorso. Ora si passerà alla seconda fase: grazie a un finanziamento di 300mila euro, le Regioni potranno indagare e sperimentare le nuove strategie per la modernizzazione del tessuto industriale. Il Piemonte userà queste risorse per premiare i poli d'innovazione regionali in base alle loro performance sul tema della transizione industriale.

“Può apparire come uno strumento piccolo, ma l’esito di questo lavoro sarà utilissimo per la programmazione 2021-2027. In particolare per la costruzione della nuova ‘Strategia di specializzazione intelligente’” spiega Davide Donati, responsabile del settore relazioni istituzionali e affari europei della Regione Piemonte. “Parlare di transizione industriale non significa solo pensare alla crisi che ha colpito il settore manifatturiero tradizionale e al connesso impatto sull’occupazione. Transizione industriale vuol dire anche economia circolare, green economy, e molto altro – continua - Non bisogna solo guardare al passato, ma soprattutto a dove vogliamo arrivare e a quali sono le nostre eccellenze, capacità, aspirazioni e vocazioni, per trasferirle verso un sistema produttivo basato sull’industria 4.0”. “Questo strumento è il classico incendio di paglia. Se lo lasci in mezzo alla strada si spegne subito, ma può essere un innesco estremamente utile se lo butti in una legnaia, perché da lì può nascere un grande falò – aggiunge Donati, secondo cui “è ragionevole pensare che sia l’inizio di un percorso capace anche di attrarre nuovi finanziamenti europei nella prossima programmazione”.

 


“Nessuna regione sia lasciata indietro”

“Nessuna regione sia lasciata indietro”

“Nessuna regione sia lasciata indietro” è il motto scelto dalla Commissione europea per l’iniziativa che, oltre al Piemonte, coinvolge anche le regioni europee di Cantabria (Spagna), Centro-Valle della Loira, Grand Est e Alta Francia (Francia), Finlandia nord-orientale, Greater Manchester (Regno Unito), Svezia centro-settentrionale, Sassonia (Germania), Vallonia (Belgio). A queste si aggiungono la Lituania e la Slovenia. Tutti i territori partecipanti al progetto pilota si sono candidati spontaneamente e sono poi stati selezionati dagli esperti di Commissione Ue e Ocse perché ritenuti casi esemplari a livello europeo. Come detto, passato il primo anno dettato più dalle analisi teoriche, ora si passerà al finanziamento dei progetti pilota presentati dalle regioni, ognuno dei quali riceverà un finanziamento di 300mila euro. 

“Sono parecchie le regioni europee in transizione industriale, e vediamo che molte di loro fanno fatica ad accelerare seguendo il mondo che gira loro intorno. Quindi abbiamo voluto cercare con loro nuovi approcci per creare anche nuovi posti di lavoro e trarre il maggior beneficio possibile da queste evoluzioni tecnologiche”, sottolinea il direttore generale della Commissione europea per la politica regionale, Marc Lemaitre. “Si tratta di una riflessione individuale e collettiva, da cui emergono tre punti principali: il bisogno di portare tutte le imprese verso la digitalizzazione, di ridefinire i bisogni di formazione della forza di lavoro, e di andare verso un approccio sostenibile”, continua. “L’obiettivo globale dell’iniziativa è fare chiarezza su approcci che potranno essere finanziati in futuro attraverso le politiche di coesione europea nel 2021-2027, durante il prossimo periodo di programmazione”, spiega Lemaitre.


Uno sguardo al futuro

Uno sguardo al futuro

La Commissione europea definisce la ‘Strategia di specializzazione intelligente’ (S3) come “un approccio innovativo che ha lo scopo di stimolare la crescita e il lavoro in Europa, permettendo a ogni regione di identificare e sviluppare le sue qualità che la rendono competitiva”. L’idea è quindi quella di creare delle partnership che nascano dal basso riunendo politici locali, università, imprese e società civile per mettere a punto una strategia di crescita sul lungo termine che sia supportata dai fondi Ue. Finora sono oltre 120 le S3 che sono state sviluppate, che possono essere supportate tramite 67 miliardi di euro provenienti dai fondi strutturali comunitari e dai cofinanziamenti nazionali e regionali. Secondo i calcoli di Bruxelles, questo porterà entro il 2020 all’immissione sul mercato di 15mila nuovi prodotti, la fondazione di 140mila nuove startup e la creazione di 350mila posti di lavoro.

Alle S3 si affiancano poi delle piattaforme che, raggruppando le regioni europee per tematiche, vogliono favorire lo scambio di buone pratiche e quindi il successo delle regioni nell’attuare le loro strategie. Finora sono state coinvolte circa 170 regioni e 18 Stati, compresi diversi territori italiani, sulle tematiche più diverse dalla bioeconomia all’uso di big data in agricoltura.

Il 'Quadro europeo di valutazione dell'innovazione 2019' ha confermato che l’Italia ha un tasso d’innovazione inferiore alla media Ue, e per questo è considerata un "innovatore moderato". Tutte le regioni hanno mostrato dei miglioramenti dal 2011, alcuni anche consistenti, ma solo il Friuli Venezia Giulia risulta ora essere un “innovatore forte” in Europa. Lo scopo delle S3 e delle azioni pilota della Commissione è proprio quello di stimolare il potenziale innovativo dei territori per metterlo al servizio dell’economia regionale e nazionale.

La prossima programmazione europea 2021-2027 punterà su ricerca e sviluppo molto più della 2014-2020. Attualmente l’Italia spende circa 6,8 miliardi di risorse legate alle politiche di coesione (4,2 miliardi dalle casse Ue, 2,6 da quelle nazionali) in ricerca e innovazione. In futuro questo dato potrebbe aumentare, visto che la Commissione ha proposto che ogni Stato membro destini fra il 65% e l’85% delle risorse provenienti dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) agli obiettivi tematici “Europa più intelligente” ed “Europa più verde”, che significa digitale, nuove tecnologie e transizione energetica.