di Redazione ANSA

A Palermo una ex fabbrica di mobili oggi è fabbrica di cultura

I Cantieri della Zisa sono diventati uno dei simboli del capoluogo siciliano che negli anni, anche grazie ai fondi europei, ha intrapreso un difficile percorso di trasformazione da ‘capitale della mafia’ a capitale della cultura.

Quella dei Cantieri Culturali alla Zisa è una storia tutta palermitana. La storia di un passato glorioso seguito da anni di abbandono e incuria prima dell’inversione di rotta con la comprensione dell’importanza del recupero e del “rammendo dell’esistente”. E il tentativo di far rivivere le energie e il bello sepolti sotto macerie e rifiuti. La metafora di una città che negli anni ha percorso un cammino che l’ha portata a diventare da capitale della mafia a Capitale italiana della cultura 2018.

Cantieri alla Zisa, la rinascita grazie all'impegno del Comune e ai fondi europei


Dai mobili di lusso all'abbandono

La storia dei cantieri Culturali alla Zisa inizia nel 1800, quando l’area, uno dei principali esempi di archeologia industriale della città, ospitava la sede di una fabbrica di mobili, la Golia. Sotto la direzione dell’ingegnere francese Vittorio Ducrot, da cui poi la struttura prese il nome, gli stabilimenti diventarono uno dei principali mobilifici europei: alle spalle del castello arabo-normanno della Zisa, nei 55mila metri quadrati dei padiglioni, il massimo esponente del liberty palermitano, Ernesto Basile, creava e progettava. Nel 1902 le Officine arrivarono ad avere 2.500 dipendenti e nel 1930 ci fu il debutto in Borsa. I mobili del Basile trovarono posto nelle case dei nobili di Palermo, nel Grand Hotel Villa Igea, sulle navi da crociera dell’imprenditore Florio e a Montecitorio. Durante la prima guerra mondiale la fabbrica venne riconvertita e usata per assemblare idrovolanti e i cacciabombardieri per le flotte d’Italia, Francia e Inghilterra. Poi il declino e l’acquisizione dell’area da parte di un gruppo di imprese genovesi. Fino alla chiusura alla fine degli anni ’60, all’alba del sacco edilizio che avrebbe trasformato, deturpandolo, il volto della Palermo liberty. Il tentativo di alcuni speculatori di abbattere i manufatti per farne area edificabile fallì. E i padiglioni rimasero in stato di abbandono fino al 1995, quando la Giunta comunale di Leoluca Orlando decise di acquistare quel che ne restava. La lenta metamorfosi delle ex officine Ducrot comincia allora e dura anni. 


Il recupero grazie ai fondi europei

Il recupero grazie ai fondi europei

Tra avvii, stop legati anche alla fine dell’amministrazione Orlando, il recupero della struttura termina nel 2012. Fondamentali i fondi dell’Unione Europea. In tutto circa 11 milioni di euro destinati al restauro dei capannoni e alla loro trasformazione.

Personaggi ed enti della cultura e dello spettacolo come la coreografa Pina Bausch, il Goethe institut e il Centro Culturale Francese ne intuiscono, pionieristicamente, le potenzialità. E da fabbrica di mobili le officine diventano fabbrica di cultura. Un processo lento con lunghe frenate e ripartenze che finalmente, sei anni fa, ha riconsegnato alla città uno spazio vivo.
Che i Cantieri siano un esempio di come le politiche di coesione europee possano intervenire concretamente nei territori lo dimostra anche il fatto che proprio da lì prende il via questo mese il festival itinerante ‘Porte aperte all’innovazione’. Organizzato da ForumPa con il patrocinio della rappresentanza in Italia della Commissione europea, l’iniziativa vuole raccontare nei prossimi mesi come i fondi strutturali europei sostengono l’innovazione nelle Regioni del Mezzogiorno.


Cantieri di cultura per la città

Letizia Battaglia, fotoreporter palermitana direttrice del centro di fotografia

I 23 capannoni ospitano oggi, oltre ai centri culturali tedesco, greco e francese, il Centro Sperimentale di Cinematografia e l’Accademia di Belle Arti, l’istituto Gramsci, la sede di Tavola Tonda e laboratori culturali e artistici come Babel, Cre.Zi. Plus e Spazio Franco. Il Festival delle letterature migranti e il Pride ne hanno utilizzato gli spazi e il centro internazionale di fotografia di una delle fotoreporter più note al mondo, la palermitana Letizia Battaglia (nella foto), ne ha fatto la propria sede. Proprio in questi giorni è stata allestita la mostra del fotografo ceco Josef Kouldeca.


“Per noi trovare questo sfogo è stato fondamentale”

La metamorfosi dei Cantieri ha dato nuova linfa a una città in cerca di luoghi in cui esprimersi. “Per noi trovare questo sfogo è stato fondamentale,” racconta Giuseppe Provinzano (nella foto) che ha inventato Spazio Franco, un laboratorio teatrale. “Con degli amici che credevano nel progetto – spiega – abbiamo partecipato a un bando della Presidenza del Consiglio per l’uso dei beni pubblici riservato ai giovani e l’abbiamo vinto. Il Comune, a cui paghiamo un affitto ci ha dato i locali che abbiamo ristrutturato totalmente, trasformando una falegnameria in disuso in un laboratorio dove si fanno seminari di recitazione, danza e musica. Produciamo spettacoli, diamo lo spazio a videomaker che realizzano i loro prodotti. Nei giorni scorsi abbiamo inaugurato ‘Amunì’, un progetto di formazione professionale per attori destinato a chi in Italia è venuto a cercare una nuova vita e a chi in Italia è tornato dopo essere andato fuori a trovar fortuna. Destinato a chi si muove, insomma, a chi si sposta”.


“I Cantieri sono un riassunto della storia di Palermo”

'I Cantieri sono un riassunto della storia di Palermo'

“I Cantieri Culturali - spiega il sindaco Orlando che con l’assessore Emilio Arcuri negli anni ha creduto e voluto il restauro delle ex officine - sono il termometro indicatore della sensibilità culturale della città e una sorta di riassunto della storia di Palermo. Danno il senso della sensibilità del tempo che cambia: dalle officine Ducrot , alla palude delle società partecipate della Regione, all’abbandono”. “Nel ’95 ho comprato lo spazio - spiega - e come primo gesto qui abbiamo creato il carro di santa Rosalia su cui, ogni anno, tra folle di palermitani, la nostra patrona viene portata in processione. Anche questo è un segno. E nel recupero abbiamo usato cooperative di ex detenuti”. “I fondi europei - conclude il sindaco – sono stati essenziali. Ora puntiamo alla costituzione di una fondazione che sarà deputata a gestire al meglio lo spazio nel futuro”.