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A Bruxelles è bagarre sul destino fondi Ue dopo Brexit

Tagli e nuove condizionalità i nodi da sciogliere per il futuro

Redazione ANSA

BRUXELLES - Il rischio paventato da più parti per l'Italia è un taglio netto dei fondi strutturali europei (nell'attuale programmazione 2014-2020 il pacchetto vale 44,5 miliardi di euro, ed è il secondo più cospicuo in Europa, dopo quello di cui beneficia la Polonia). Il prossimo bilancio dell'Ue, però, potrebbe anche riservare un piatto relativamente più ricco per il Paese, proprio a causa del suo impoverimento negli anni di crisi. Il rompicapo dei negoziati sul budget dell'Unione post 2020 è solo all'inizio. Il 29 maggio sarà presentata la proposta sul tema elaborata dalla Commissione, ma la battaglia si annuncia aspra persino all'interno dell'esecutivo comunitario. Colmare il buco da 12-14 miliardi l'anno lasciato dal divorzio della Gran Bretagna dal blocco, e finanziare nuove esigenze (come la messa in sicurezza delle frontiere esterne, la gestione delle migrazioni e la difesa comune), oltre a tutelare la politica di coesione da dolorose sforbiciate, e introdurre nuove condizionalità, sono i principali ostacoli di una strada tutta in salita.

 

IL BUCO DELLA BREXIT: il commissario al Bilancio, il tedesco Gunther Oettinger, vorrebbe rimediarvi col 50% di tagli ed il 50% di nuove risorse, da pescare nelle tasche degli Stati nazionali, e da reperire anche con nuove tasse europee, come quella sulla plastica che sarà presentata martedì. Il bilancio dovrà poi finanziare con almeno 10 miliardi l'anno nuove necessità, come la gestione delle migrazioni e la difesa comune.

 

FONDI STRUTTURALI A RISCHIO: la politica di coesione rappresenta più di un terzo del bilancio Ue, 460 miliardi nel 2014-2020. Oettinger ha chiarito che dovrà "accettare tagli inevitabili", ma non superiori al 15%. Le regioni unite nella "Alleanza per la coesione", gli Stati del Sud e dell'Est Europa, ma anche la commissaria alla Politica regionale Corina Cretu, si stanno battendo perché, pur subendo sforbiciate, anche nel post 2020 la politica di coesione valga lo 0,33% del Pil Ue.

 

RISCHI PER L'ITALIA: un taglio ai fondi strutturali porterebbe inevitabili conseguenze per il nostro Paese, secondo beneficiario in Ue dopo la Polonia con 44,5 miliardi in 7 anni. La Brexit potrebbe però far arrivare in Italia più fondi rispetto al passato, anche se solo in termini relativi. I soldi insomma saranno di meno ma varranno di più sull'intera torta del bilancio Ue. Questo anche grazie a un nuovo sistema di calcolo per le allocazioni, più lineare e non più basato solo sul Pil ma anche su parametri come la demografia e l'occupazione.

 

NUOVE CONDIZIONALITA': è la partita più difficile da giocare. Le regioni e il gruppo Visegrad chiedono la cancellazione di qualsiasi nesso fra i fondi e le decisioni dei governi nazionali. L'Italia guida la battaglia di chi vorrebbe l'eliminazione del legame con il rigore economico, introducendone invece uno sul rispetto dello Stato di diritto e la solidarietà. La Commissione sta lavorando a come fare in modo che queste condizionalità non diventino uno strumento punitivo ma un incentivo per le riforme strutturali.

 

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