La fine del cambio d'ora due
volte l'anno, che la Commissione Ue voleva far scattare già da
marzo o ottobre 2019, non sembra fare passi avanti: una
maggioranza dei 28 è titubante sul da farsi, chiedendo più tempo
per valutarne i pro e contro con analisi di impatto più
approfondite. Nessuna posizione, quindi, è stata adottata oggi
al Consiglio Ue trasporti, ma solo un rapporto sui progressi
fatti finora nell'esaminare il dossier.
La commissaria Ue ai trasporti Violeta Bulc, delusa in quanto
il suo obiettivo era avere già ora una decisione dei 28, ha
quindi spinto i ministri ad arrivare a una conclusione "al
nostro prossimo incontro a giugno" 2019. In ogni caso, con la
formazione del nuovo Parlamento Ue, i tempi si allungheranno, e
la stessa presidenza austriaca già alla riunione informale di
Graz aveva fatto presente che il settore aereo soprattutto ha
bisogno di un anno e mezzo o due di tempo per potersi preparare
a un eventuale cambiamento.
A favore dello stop del passaggio tra ora solare a ora legale
e viceversa si sono espressi in modo chiaro solo Germania,
Lettonia, Lituania, Estonia e Finlandia, mentre contro il
Portogallo, ricordando i due tentativi fallimentari già fatti in
passato nel Paese seguiti dal ritorno al cambio d'ora, e
l'Irlanda, che con la Brexit rischierebbe di avere due fusi
orari sulla stessa isola. Molto scettiche anche Olanda e
Francia, che intendono procedere coi piedi di piombo e fare
valutazioni approfondite a livello nazionale, e la Spagna, pur
dicendosi "aperta", aspetta i risultati di un comitato di
esperti insediatosi lo scorso settembre. Stesso approccio di
attesa ma anche di preoccupazione di creare una frammentazione
di zone orarie all'interno dell'Ue e tra Paesi vicini
peggiorando quindi di fatto la situazione attuale che è
armonizzata, quello assunto da Svezia, Slovacchia, Repubblica
ceca e Croazia. L'Italia, per cui era presente il ministro ai
trasporti Danilo Toninelli, non si è espressa pubblicamente.
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