(di Francesco Gallo)
"Non sono mai stato un fautore della
violenza contro il razzismo, ma se è cambiato qualcosa oggi
dipende dalla pandemia, dal Covid. Il caso Floyd è stato visto
in tv da milioni di persone più volte e c'è stato come un
risveglio verso queste cose da parte di chi era chiuso in casa a
fare i conti con le propria fragilità". Così alla Festa di Roma
il regista inglese premio Oscar con 12 anni schiavo, Steve
McQueen, che ha presentato RED WHITE AND BLUE, uno dei cinque
episodi di SMALL AXE, serie tv antologica (andrà su Amazon)
ambientata nella comunità caraibica di Londra tra gli anni
Sessanta e Ottanta. Una serie, tra l'altro, dedicata proprio a
George Floyd e al movimento Black Lives Matter. In SMALL AXE
(con Label festival Cannes) di scena il razzismo, quello sottile
e immarcescibile pieno di sfumature, ma senza troppa retorica,
come fa benissimo McQueen in RED WHITE AND BLUE.
In questo episodio la storia vera di Leroy Logan, uomo di
colore laureato che, negli anni Sessanta, decide a un certo
punto della sua vita, nonostante la contrarietà del padre, di
entrare in polizia. Per lui un sottolavoro, ma la sua idea
era quella di essere un ponte tra la polizia e quella cultura
dei neri che conosce bene, ma in realtà Logan diventerà ben
presto vittima di un doppio razzismo: quello della polizia che
lo vede con odio e quello dei neri che lo considerano un
traditore.
"È un'idea che parte da lontano, esattamente risale a undici
anni fa - ha detto il regista che aveva avuto un folgorante
esordio con Hunger -. L'obiettivo era quello di portare sul
grande schermo delle storie mai raccontate della comunità nera
caraibica a Londra. Ho lavorato insieme ai produttori e con una
ricercatrice per ricostruire molte di queste vicende che
riguardano spesso persone ormai morte. Nel caso di Logan, che ha
collaborato con noi, era davvero uno che voleva integrare
comunità nera e polizia".
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