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Firme false per la lista Formigoni, Guido Podestà condannato a 2 anni e 9 mesi

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Firme false per la lista Formigoni, Guido Podestà condannato a 2 anni e 9 mesi

Presidente provincia Milano si difende, un ebook ispirato a Kafka

MILANO, 28 novembre 2014, 20:17

Francesca Brunati

ANSACheck

. - RIPRODUZIONE RISERVATA

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Due anni e nove mesi di carcere. E' questa la condanna inflitta oggi dal Tribunale a Guido Podestà, il presidente della Provincia di Milano in carica fino al 31 dicembre, imputato con quattro ex consiglieri per il caso delle circa 900 firme ritenute false e poste a sostegno del listino di Roberto Formigoni e della lista del Pdl per le elezioni regionali lombarde del 2010. Una condanna che per l'inquilino di Palazzo Isimbardi è arrivata al termine di un processo "paradigmatico per la superficialità nella ricerca della verità da parte della Procura'' e dalla quale si è difeso con un e-book Nel pomeriggio, il giudice monocratico della quarta sezione penale Monica Amicone, dopo sei ore di camera di consiglio, pur ritenendo tutti colpevoli, ha deciso di ridurre sensibilmente le pene rispetto alle richieste del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo. E questo perchè ha riqualificato il reato contestato di falso ideologico in falso elettorale (previsto dalla legge speciale n. 570 del maggio 1960). Inoltre, su un totale di 926 firme ritenute false, ha assolto i 5 imputati per una trentina di firme, quelle cioè riconosciute dai sottoscrittori convocati in aula.
   
Così oltre ai 2 anni e 9 mesi inflitti a Podestà, sono stati condannati gli allora consiglieri provinciali del Pdl Massimo Turci e Barbara Calzavara a due anni e mezzo di reclusione e Nicolò Mardegan e Marco Martino rispettivamente a 1 anno e un mese e 9 mesi (per entrambi con sospensione condizionale e le non menzione). Per tutti è stato disposto la sospensione dal diritto elettorale e dai pubblici uffici e indicato in centomila euro il risarcimento da versare in solido alla parte civile Provincia di Milano. Infine il giudice ha dichiarato "la falsità delle liste" per cui ha emesso sentenza di condanna, ha trasmesso gli atti alla Procura in relazione a tre testimoni e ha preso 90 giorni di tempo per il deposito delle motivazioni. Il procuratore aggiunto Robledo aveva chiesto di condannare Podestà a 5 anni e 8 mesi di carcere, Turci, Mardegan e Martino a 4 anni e 8 mesi e Calzavara a 4 anni.

Subito dopo la lettura del verdetto Podestà ha convocato i cronisti del Palazzo di Giustizia in sala stampa e con a fianco figli e difensore, l'avvocato Gaetano Pecorella, ha attaccato: "La cosa più amara è pensare ai miei figli e all'educazione che ho dato loro: credere nella giustizia. Questo episodio non conforta questa tesi". Dopo di che ha proseguito: "Questo processo è stato paradigmatico per la superficialità nella ricerca della verità da parte della Procura'' e si è basato sul "preconcetto che quella sera esistesse una situazione di emergenza" e sulle dichiarazioni di Clotilde Strada, all'epoca responsabile della raccolta firme del Pdl (ha patteggiato) "che ha dato tre versioni diverse" ai pm. Inoltre, ha sottolineato che la sua condanna "avrà un peso anche nel conflitto interno alla Procura di Milano". Il riferimento è allo scontro tra l'aggiunto Robledo e il Procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati, con il primo che decise di iscriverlo nel registro degli indagati nonostante il parere contrario del secondo. Scontro per cui era stata presentata un'istanza di legittimo sospetto poi bocciata dalla Cassazione.
   
Podestà, che ricorrerà in appello contro la sentenza, ha anche consegnato ai cronisti un e-book - oltre 100 pagine scaricabili sul suo profilo on line, Facebook e Twitter - al quale, primo fra i politici italiani, ha affidato la sua difesa. Il volume, intitolato "Che Italia è questa? Il processo di Robledo contro Podestà" e scritto da un "gruppo di lavoro" composto da "amici" con lo pseudonimo di Josef K., il protagonista del noto romanzo di Franz Kafka, ha lo scopo di fornire "una corretta chiave di lettura di quanto avvenuto dal febbraio 2010 all'ottobre 2014" attraverso l'analisi dei "passaggi della vicenda e dei documenti processuali". E non solo: nel testo Podestà viene paragonato a Oscar Pistorius, Silvio Berlusconi definito "lider maximo", e Nicole Minetti, eletta nel listino di Formigoni, liquidata come l'"igienista dentale" a cui viene concessa una "chance". E se, come ha affermato, Podestà nei prossimi giorni deciderà se lasciare la poltrona di Palazzo Isimbardi anticipando i tempi della consegna definitiva delle deleghe al sindaco della Città metropolitana Giuliano Pisapia, per lui, come ha spiegato l'avv. Pecorella, non scatterà la decadenza: questo non è tra i casi contemplati dalla legge Severino poichè "il reato di falso non è un reato contro la pubblica amministrazione ma contro la fede pubblica".
   

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