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Aborto: Non una di meno, "Ivg salto a ostacoli nelle Marche"

Aborto

Aborto: Non una di meno, "Ivg salto a ostacoli nelle Marche"

Manca, obiezione fino a 100%. 'diritto osteggiato,no predicozzi'

ANCONA, 28 settembre 2021, 18:23

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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   Nelle Marche, "a sette settimane di gravidanza fare un certificato di Interruzione volontaria di gravidanza è una corsa a ostacoli: durante la pandemia, quando le ragazze sono venute da noi per chiedere aiuto, abbiano dovuto mandarle in Umbria". A denunciare le difficoltà di accedere all'aborto è Marte Manca, referente di "Non una di meno transterritoriale Marche", durante un sit-in davanti a Palazzo Leopardi, sede della Regione, con Potere al Popolo e Usb-Unione sindacale di base.
    A riprova di questa situazione, Manca snocciola i dati forniti dall'Asur sul numero di ginecologi e ostetriche obiettori e non, che mostrano la netta prevalenza dei primi, con alcune strutture che presentano il 100% di obiettori: tra queste ultime, riferisce l'esponente di "Non una di meno", Jesi (10 ginecologi su 10 e 20 ostetriche su 20). La prevalenza di obiettori è trasversale nelle Marche: ad Ascoli Piceno (7 ginecologi su 10 e 15 ostetriche su 18), a Civitanova Marche (6 su 8 e 14 su 17), a Fermo (10 su 10 e 16 su 24) mentre a Urbino (4 su 9 e 5 su 13). "L'obiezione è alta: - spiega Manca - in piena pandemia e lock-down, le strutture che effettuavano l'aborto farmacologico erano due e le donne dovevano fare salti mortali. Sforando la settima settimana, diventa un'urgenza o vai nel chirurgico...". A San Benedetto, riferisce "Non una di meno", il reparto era stato "cooptato Covid e alla riapertura non si è pensato di rimettere quello che c'era prima". Insomma, "l'aborto in pandemia è stato relegato a diritto di serie 'Z'".
    Anche le politiche della "giunta di destra" nel mirino dell'associazione che chiede di abolire alcune fasi dell'iter come il colloquio psicologico e la settimana di ripensamento.
    "Fare una maternale a una ragazza che ha deciso di abortire significa spezzarle le gambe. - afferma Manca -, la scelta non deve essere fatta con un predicozzo, Le ragazze che abortiscono sono veramente poche, - spiega -. Sono di più nella fascia tra 30 e 45 anni, stabili con relazione stabile, scelgono che la maternità non la vogliono. La narrazione che abbiamo avuto a gennaio, con la pdl presentata dalla giunta e l'impianto 'familistico' - conclude - procura danni enormi alle donne".
   
   

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