Percorso:ANSA > Nuova Europa > Dossier e Analisi > Fincantieri: Bono, Strategie leadership per settori globali

Fincantieri: Bono, Strategie leadership per settori globali

MIB Trieste School of management. MBA Honoris causa diploma

02 dicembre, 11:48
(ANSA) - TRIESTE, 2 DIC - "Strategie di leadership per i settori globali. La sfida di Fincantieri". Il seguente testo è la Lectio Magistralis che l'a.d. di Fincantieri ha tenuto in occasione della cerimonia di consegna del diploma MBA Honoris causa in International business conferitogli alla MIB Trieste School of Management il 27 novembre 2017.

Come affrontare il fenomeno della globalizzazione economica? "Per globalizzazione intendiamo la sempre maggiore interconnessione a livello globale dei mercati finanziari, dei mercati di approvvigionamento delle materie prime - e più in generale dei fattori produttivi (incluse le risorse umane) - oltre che dei mercati di sbocco dei prodotti finiti. Tale evoluzione dell'economia mondiale, ha spinto le aziende industriali a rivedere radicalmente le proprie strategie per adattarle ad un "nuovo" contesto sempre più dinamico e complesso. La globalizzazione può rappresentare, da un lato, una significativa opportunità di sviluppo delle attività di una determinata azienda o di un tessuto industriale e, dall'altro, una potenziale minaccia alla sopravvivenza dello stesso dovuta all'esposizione a cicli economici influenzati da fenomeni "globali" e non più "locali".

La grande sfida per le imprese italiane è quindi quella di adattarsi a questo nuovo contesto avviando, o rafforzando se già intrapresi, percorsi di internazionalizzazione. In particolare il tessuto industriale italiano è rappresentato prevalentemente da PMI, caratterizzate principalmente da un azionariato di tipo familiare e da dimensioni, in termini di fatturato e capacità produttiva, contenute. Se, da un lato, la dinamicità imprenditoriale e la flessibilità della struttura aziendale hanno permesso sino ad ora alle PMI di sopravvivere, dall'altro, l'aspetto dimensionale, ovvero non avere una dimensione adeguata per il mercato o i mercati di riferimento, può nel medio-lungo periodo influire sulla continuità aziendale.

La sempre maggiore importanza dell'aspetto dimensionale è quindi legata alla globalizzazione dei mercati; in particolare in un contesto competitivo caratterizzato dalla presenza di grandi gruppi industriali internazionali - con accesso su scala globale sia ai mercati di approvvigionamento che di sbocco, con network produttivi e commerciali anch'essi globali e con dimensioni tali da poter disporre delle necessarie risorse finanziarie e manageriali per supportare adeguatamente i loro piani di sviluppo -diventa estremamente difficile per le aziende non dotate di un'adeguata dimensione, restare sul mercato.

Pertanto, tali aziende, nel migliore dei casi, potranno assicurarsi un futuro solo come fornitori di componenti per i grandi gruppi internazionali, ma perderanno qualsiasi contatto con i clienti e quindi con i mercati finali e conseguentemente nel medio periodo, data la replicabilità del componente da parte di terzi, perderanno valore, mettendo a rischio la sopravvivenza dell'azienda stessa. In tale contesto, diventa quindi fondamentale per il sistema-Italia una crescita dimensionale delle proprie aziende, ovvero dei principali gruppi del Paese che trainando le filiere industriali di eccellenza possono rappresentare una garanzia non solo di continuità ma anche di ulteriore sviluppo delle PMI italiane e quindi del tessuto industriale del Paese.

A tal riguardo, sulla base di una lunga carriera in grandi gruppi italiani e in diversi settori industriali, vorrei condividere con voi la mia esperienza e le scelte manageriali che sono state effettuate per preparare le aziende che ho guidato, non solo ad adattarsi alle situazioni di mercato, ma anche a sfruttarle per garantire un percorso di crescita sostenibile nel medio-lungo termine. In particolare vorrei focalizzare la vostra attenzione sul percorso che ha portato Fincantieri a trasformarsi da un produttore nazionale, con stabilimenti produttivi localizzati esclusivamente in Italia e con un solo cliente per business di attività - ovvero il gruppo Carnival nelle crociere e la Marina Italiana nel settore militare - in un gruppo che per dimensione è il 4° al mondo (con i primi 3 tutti Sud Coreani) ed il 1° per diversificazione ed innovazione, attivo in tutti i segmenti ad elevato valore aggiunto della cantieristica.

Fincantieri è, oggi, una grande azienda italiana dotata di una dimensione globale e con proiezione internazionale, testimoniata dal peso dell'export pari a circa l'85% dei ricavi che nel 2016 sono stati pari a circa 4,5 miliardi di euro. Il Gruppo con circa 19.400 dipendenti, di cui 8.200 in Italia, e circa 80.000 risorse stimate nell'indotto e con stabilimenti in 4 continenti, è diventato nel tempo leader nella progettazione e costruzione di navi da crociera, con il portafoglio clienti più amplio e diversificato del settore, e leader nel settore delle navi militari, acquisendo una dimensione internazionale con una presenza diretta negli USA e con significative commesse ottenute in Paesi privi di un produttore nazionale o non completamente autonomi (Qatar, Emirati Arabi, India, Iraq, Turchia, Algeria, Kenya, Perù, Bangladesh). Inoltre il Gruppo è un operatore di riferimento negli altri segmenti della navalmeccanica ad alta tecnologia, ovvero nei mezzi offshore, nei traghetti ad elevata complessità, nei mega-yacht, nonché nelle riparazioni, trasformazioni navali, produzione di sistemi e componenti e nell'offerta di servizi post vendita.

Si tratta di risultati importanti raggiunti in un settore da sempre globale, confrontandosi con uno scenario esterno complesso sia in termini di concorrenza che di domanda, grazie all'adozione di una strategia incentrata sulla diversificazione e sull'internazionalizzazione. La diversificazione ha sicuramente costituito il primo passo verso la creazione di una solida piattaforma di business, accompagnata da una crescita internazionale finalizzata all'ottimizzazione delle attività produttive e al conseguimento di una dimensione globale coerente con lo scenario competitivo del settore. Tale strategia, sviluppata nell'arco di un decennio, nel corso del quale il Gruppo ha dovuto affrontare anche periodi di grave crisi del mercato, ha richiesto uno sforzo manageriale notevole e ogni decisione presa, cosi come gli investimenti effettuati, erano tesi ad "anticipare" le dinamiche di mercato. Il primo significativo passo verso l'internazionalizzazione del Gruppo è stato mosso con l'acquisizione nel 2008 dei cantieri di Manitowoc Marine (oggi Fincantieri Marine Group) negli USA.

L'ingresso nel mercato americano, considerato come il più sofisticato e complesso al mondo, ha dato all'azienda e al management un forte stimolo ad "aprirsi" e "confrontarsi" con una nuova dimensione (i cantieri americani sono stati i primi assets produttivi del Gruppo al di fuori dell'Italia) e con un sistema anche produttivo molto diverso da quello domestico.

L'acquisizione ha consentito l'ingresso nel mercato della difesa più grande al mondo, accessibile per vincoli normativi solo da produttori con cantieri nel Paese. Tale scelta, motivata da una solida prospettiva commerciale, ovvero quella di essere un fornitore di riferimento della US Navy per le fregate Littoral Combat Ship (LCS), ha portato finora all'acquisizione di 14 unità LCS, parte di un programma di 52 unità complessive (del valore potenziale di oltre 20 miliardi di dollari) da ripartire tra i due consorzi che partecipano a tale progetto.

Questo primo passo ha poi aperto la strada ad un'altra importante operazione all'estero, ovvero l'acquisizione nel 2013 del gruppo norvegese VARD, leader nella progettazione e costruzione di mezzi di alta gamma di supporto all'attività di estrazione e produzione di petrolio e gas offshore. Tale acquisizione ha consentito: (i) un significativo aumento dimensionale (quasi raddoppiato il fatturato di gruppo) permettendo di poter competere con i grandi player che operano a livello globale, (ii) la diversificazione del portafoglio prodotti entrando nel segmento Oil&Gas complementare a quelli già presidiati, (iii) la creazione di un footprint globale con 20 cantieri localizzati, come detto in precedenza, in 4 continenti, ed (iv) un consolidamento delle capacità tecnologiche ed ingegneristica oltre che produttive.

Inoltre, un'ulteriore motivazione per tale diversificazione era quella di bilanciare la caduta della domanda di navi da crociera e di beneficiare dei margini all'epoca interessanti del settore offshore, oltre alla disponibilità di 2 cantieri in Romania che avrebbero consentito, alla ripresa del mercato delle navi mercantili, un accesso ad una base produttiva low-cost.

Va ricordato, a tal proposito, che l'industria cantieristica ha attraversato recentemente un periodo di grave crisi che è stata la più lunga nella storia del comparto. Tale congiuntura negativa ha portato solo in Europa alla chiusura di più di 30 cantieri e alla perdita di oltre 50.000 posti di lavoro diretti.

Fincantieri è stata in grado di fronteggiare anche tale situazione, con una ristrutturazione, avviata nel 2011, che ha portato ad una riduzione del 20% della forza lavoro (circa 2.000 unità) ma che ha consentito di mantenere inalterato l'apparato ingegneristico e produttivo. La ripresa iniziata nel 2014 e la successiva esplosione della domanda, in particolare delle navi da crociera, ha consentito all'azienda di acquisire un carico di lavoro record (ad oggi pari a circa 25,3 miliardi di euro e circa 6 volte il fatturato del 2016), che proietta la visibilità dei ricavi oltre il 2025, un orizzonte temporale assolutamente eccezionale nell'attuale panorama industriale italiano. La scelta della ristrutturazione avviata nel 2011, preservando la capacità produttiva ed ingegneristica del Gruppo, si è quindi rivelata corretta e ha consentito all'azienda di rafforzare ulteriormente la sua leadership mondiale. Inoltre con la forte ripresa dei volumi di produzione il Gruppo, nel corso degli ultimi anni, ha assunto in Italia circa 1.000 persone, e con lo sviluppo del carico di lavoro acquisito il volume di attività ad oggi è già nettamente superiore ai livelli "pre-crisi" ed è previsto in ulteriore aumento (circa il 50%) nei prossimi anni. I risultati ottenuti nel 2016 e quelli previsti nel 2017 stanno dimostrano la capacità dell'azienda di far fronte ad una sfida cosi rilevante.

Tornando alla diversificazione, se questa è accompagnata anche da una flessibilità produttiva e da solide basi ingegneristiche oltre che di project management, può permettere di gestire situazioni di difficolta in alcuni mercati, trasformandole in alcuni casi anche in opportunità di crescita in altri settori. Un esempio concreto, nel nostro caso, è stata la crisi del settore Oil&Gas, avviatasi con il crollo del prezzo petrolio nel 2015, e che ha colpito duramente le Oil Company e il loro indotto a livello globale. L'esposizione in questo settore della nostra controllata norvegese Vard, ci ha spinto ad avviare un ri-orientamento del business della società su altri segmenti «core» di Fincantieri, con l'obiettivo di cogliere sinergie a livello di Gruppo. In particolare, come detto in precedenza, si stanno utilizzando i cantieri di Vard in Romania a supporto del network produttivo italiano per la gestione dell'imponente carico di lavoro acquisito e sono stati presi ordini di navi da crociera di piccole dimensioni da realizzare interamente in Romania e Norvegia. Tale strategia sta garantendo il mantenimento delle strutture produttive ed ingegneristiche di Vard in vista di una ripresa del mercato offshore.

Raggiungere una dimensione internazionale non è tuttavia sufficiente per garantire con certezza una continuità aziendale nel medio-lungo periodo. A mio avviso un aspetto di assoluta importanza nell'industria "globale" è quello di poter ideare, realizzare e gestire sotto tutti gli aspetti (produttivo, ingegneristico e di project management) una "piattaforma". Per piattaforma intendo un prodotto complesso che è il risultato dell'integrazione di diversi sistemi e componenti. Per intenderci, la nave è una delle piattaforme più complesse dell'industria manifatturiera, ovvero è la risultante dell' integrazione di diversi sistemi (propulsione, condizionamento, elettrici, comunicazione, navigazione, etc.) e di diversi componenti e materiali che richiedono i più svariati processi di produzione. La leadership mondale di Fincantieri e la sostenibilità del suo modello di business deriva, in sostanza, dal controllo diretto che l'azienda ha sulle variabili chiave della piattaforma, ovvero sulla progettazione della stessa e sulla gestione (project management) della sua realizzazione effettuata sia nei cantieri del gruppo che in un esteso network di subfornitori che copre il 70% delle attività complessive.

Purtroppo in Italia nel tempo, in diversi settori industriali, si è perso il controllo delle piattaforme di prodotto e questo ha indebolito significativamente il nostro tessuto industriale, riducendo le nostre aziende a mere fornitrici di componentistica per piattaforme gestite prevalentemente da gruppi europei (tedeschi e francesi) o nord-americani. Una possibile proposta per superare la frammentazione dell'indotto italiano, date le difficoltà nel dar vita ad aggregazioni a livello societario, potrebbe essere (come già avviene nei "centri direzionali" che ospitano gli uffici di più aziende e dove vengono condivisi i servizi generali al fine di fare efficienza) quella di realizzare grandi aree da adibire ad opifici ed in grado di concentrare in un unico polo le attività produttive delle aziende operanti in una determinata filiera / settore merceologico. Per darvi un'idea concreta dell'importanza di avere una filiera produttiva dedicata ad una piattaforma, dobbiamo ragionare in termini di impatto occupazionale e sul PIL di un determinato settore. In tale ottica, dati alla mano, il settore della cantieristica rappresenta uno dei settori più importanti e maggiormente trainanti per la crescita del Paese.

Il moltiplicatore occupazionale è di circa 5,5 volte (includendo i fornitori di primo e secondo livello) questo implica, nel nostro caso, che occupando direttamente in Italia circa 7.900 risorse, l'occupazione complessiva, per effetto del suddetto moltiplicatore e di oltre 40.000 unità. Ogni euro investito nella cantieristica produce un valore di 4,5 volte superiore (moltiplicatore più alto dell'industria manifatturiera). Con l'attuale livello record del carico di lavoro acquisito Fincantieri avrà, nei prossimi anni, un'incidenza media annua sul PIL italiano pari all'1%, attraendo inoltre significativi investimenti stranieri in Italia.

Infine, anche le ricadute sull'indotto rappresentato da PMI Italiane sono estremamente significative. Fincantieri realizza in Italia circa l'80% dei suoi acquisti, corrispondenti a circa 2,5 miliardi di euro annui, rivolgendosi ad un parco fornitori costituito da circa 3.000 aziende, prevalentemente localizzate nelle Regioni dove si svolge l'attività del Gruppo (Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Liguria, Marche, Sicilia e Campania). Il 75% dei fornitori è composto da PMI altamente specializzate in diversi macro-settori (tra i quali arredamento, condizionamento, carpenteria), per le quali Fincantieri rappresenta una piattaforma unica sia per lo sviluppo dell'innovazione che per l'accesso a nuovi mercati altrimenti irraggiungibili a causa delle ridotte dimensioni. Oltre alle ricadute sul tessuto industriale domestico, il controllo di una piattaforma tecnologica e di prodotto permette di cogliere anche opportunità particolarmente interessati in mercati emergenti. Un esempio di assoluto rilievo è il nostro ingresso come first mover nel mercato crocieristico Cinese, attraverso la costituzione con CSSC (China State Shipbuilding Corporation, principale gruppo cantieristico statale cinese) di una joint venture finalizzata allo sviluppo di navi da crociera destinate esclusivamente, e appositamente personalizzate, per il mercato cinese e asiatico. Tale joint venture rappresenta una delle principali operazioni di collaborazione industriale tra Cina e Italia e potrà consentire in futuro lo sviluppo di nuove partnership tra le due società.

La Cina, come noto, in tutti i settori economici ha un potenziale di mercato enorme, tuttavia la politica del Governo cinese è quella di una crescita ed affermazione in tutti i comparti produttivi e con le risorse finanziare a disposizione non hanno bisogno, nella gran parte dei settori, di partner industriali internazionali per raggiungere i loro obiettivi. Nel caso specifico delle navi da crociera, il partner cinese ha riconosciuto l'assoluta necessità di coinvolgere Fincantieri per poter realizzare questo progetto particolarmente sfidante, ovvero realizzare un prodotto estremamente complesso in Cina per soddisfare la domanda potenziale domestica che secondo le attese del Governo cinese dovrebbe raggiungere i 4,5 milioni di passeggeri al 2020 ed i circa 8-10 milioni entro il 2030, diventando il secondo mercato al mondo dopo quello americano. La costruzione in loco delle navi - dovuta anche alla insufficiente capacità produttiva dei cantieri europei per soddisfare la domanda cinese - ma con una gestione da parte di Fincantieri delle attività a maggior valore aggiunto, ovvero ingegneria e componentistica, oltre a proteggere adeguatamente il know-how aziendale, consente di aprire un ulteriore mercato di sbocco al nostro network di fornitura con significativi benefici per l'indotto italiano.

Il cammino fin qui effettuato dall'azienda è stato sicuramente virtuoso e l'obiettivo, come ho detto in precedenza, di acquisire una dimensione internazionale è stato raggiunto.

Tuttavia, recentemente abbiamo intrapreso un nuovo percorso di sviluppo che passa attraverso un processo di consolidamento della cantieristica europea, indispensabile, a mio avviso, per rafforzare ulteriormente la leadership mondiale dell'industria europea nei settori a più alto valore aggiunto e per fronteggiare al meglio gli operatori di significative dimensioni, in particolare asiatici, che si affacciano sui mercati internazionali con grande ambizione. In tale ottica, il governo italiano e quello francese hanno raggiunto, lo scorso 27 settembre, un accordo che mira a facilitare la creazione di un'industria cantieristica europea più efficiente e competitiva, con il condiviso obiettivo di perseguire una solida alleanza tra i due Paesi sia nel settore civile che militare. Unendo le attività ed i punti di forza di Fincantieri, Naval Group e STX France si verrebbe a creare un campione europeo nonché il primo esportatore a livello mondiale nei mercati dei mezzi civili e militari e con una forte presenza nei sistemi e componenti.

L'entità che si verrebbe a costituire è basata sull'eccellenza cantieristica italiana e francese, in grado di garantire significative prospettive di crescita per il futuro, dati i successi fino ad ora raggiunti dalle suddette aziende in tutto il mondo. Con l'integrazione di Fincantieri, Naval Group e STX France, l'Italia e la Francia beneficerebbero, quindi, di un'entità con ricavi annui totali di circa 10 miliardi di euro, un portafoglio tecnologico all'avanguardia, una forte presenza internazionale (in oltre 20 paesi), con circa 35.000 dipendenti e un indotto in Europa stimato in oltre 120.000 persone e con un carico di lavoro (backlog) di circa 50 miliardi di euro. Tale cooperazione industriale genererebbe inoltre significative ricadute sul tessuto delle PMI che fanno parte del network di subfornitura e sui territori in cui esse sono localizzate. Fincantieri, STX France e Naval Group hanno già acquisito un carico di lavoro che garantisce attività nei propri cantieri per i prossimi 10 anni, pertanto l'integrazione delle società in oggetto non richiederebbe alcuna necessità di ristrutturazioni, ma rappresenterebbe il volano per un'ulteriore crescita anche a livello occupazionale. Il primo passo verso questa storica alleanza sarà l'acquisizione da parte di Fincantieri del 51% (di cui l'1% in prestito dallo Stato Francese) di STX France, e il contestuale ingresso nel capitale della stessa STX France di Naval Group con una quota del 10%.

Nel contempo, il governo italiano e il governo francese inizieranno a lavorare sul progetto più ampio di cooperazione nel settore militare, definendo entro giugno 2018 la "roadmap" dei passi necessari per implementare tale cooperazione. La combinazione industriale tra aziende europee ha un ulteriore importante vantaggio, ovvero quello di creare gruppi dotati di una sufficiente solidità finanziaria necessaria per affrontare lunghi ed impegnativi programmi internazionali e per la realizzazione di ingenti investimenti nel campo della ricerca e sviluppo indispensabili per una innovazione continua del prodotto.

In conclusione potrei sintetizzare il mio intervento in pochi ma significativi punti: •Un'azienda esiste e prospera se è in grado di offrire quello che il mercato richiede e va dove "c'è un mercato". Ciò vuol dire anche che l'azienda è un laboratorio di innovazione continua, dato che, come ampiamente dimostrato da statistiche ormai consolidate, i prezzi dei prodotti sono decrescenti mentre i costi dei fattori produttivi sono crescenti, e questo non può che essere controbilanciato da un incremento della produttività basato sull'innovazione; •L'ambiente esterno è fortemente dinamico, le aziende devono essere in grado di coglierne i segnali di debolezza e le opportunità senza mai adagiarsi sui risultati ottenuti o su una posizione di leadership acquisita; •Non si può affrontare da soli un mercato globale, occorre ricercare alleanze e perseguirle solo se si è in grado di apportare un contributo importante ai propri partner, ovvero deve essere "un'unione delle eccellenze"; •Portare avanti con successo un progetto industriale complesso non richiede esclusivamente competenze, tecnologie e prodotti all'avanguardia, ma anche una gestione manageriale in grado di adeguarsi alla complessità e ai cambiamenti di perimetro.

Strategia e capacità gestionali devono essere rigorosamente in armonia. •Un'azienda leader è gestita da persone che insieme costituiscono una squadra e ciascuna, con le proprie capacità e competenze, è orientata al conseguimento dello stesso obiettivo.

•Occorre creare un circolo virtuoso tra la finanza, che "viaggia" velocemente e con una capacità di "spostamento" quasi istantanea, e l'esigenza dell'industria e dei settori primari che richiedono tempi più lunghi per completare i loro cicli produttivi e per realizzare gli investimenti necessari al loro sviluppo. (ANSA).

© Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati