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Il vescovo che porta gli aiuti al fronte

Sabilo, a Zaporizhzia non faremo albero Natale ma Cristo nascerà

 (ANSA) - RZESZOW, 06 DIC - Una volta a settimana indossa il giubbetto antiproiettile e va al fronte. Non per combattere ma per portare aiuti ai soldati e alla popolazione che è rimasta nelle zone dell'Ucraina maggiormente sotto il tiro dell'artiglieria e dei missili russi. Monsignor Jan Sobilo, polacco, dal 1993 è in Ucraina e dal 2010 è vescovo ausiliare della diocesi di Kharkiv-Zaporizhzia. Era con lui il cardinale elemosiniere del Papa, Konrad Krajewski, quando nella sua ultima visita a settembre, il convoglio è finito sotto tiro e sono dovuti scappare e nascondersi. "Io cerco di andare al fronte almeno una volta a settimana, sono visite molto brevi, ci fermiamo al massimo cinque minuti". La gente sa che arriva il mezzo con gli aiuti e li aspetta. "Venerdì scorso, appena siamo arrivati, sono cominciati gli spari di artiglieria e abbiamo dovuto fuggire subito. I russi hanno i loro informatori, le loro spie, e sanno del nostro arrivo". Portano cibo ma anche acqua potabile perché nelle zone vicino al fronte manca tutto. Il vescovo è stato anche nella centrale di Zaporizhzia, per verificare la situazione "due volte ma prima che la centrale finisse nelle mani dei russi, ora non sarebbe più possibile".
    Monsignor Sobilo parla in videocollegamento dalla città ucraina a Rzeszow, in Polonia, dove si trova una delegazione di giornalisti al seguito delle ambasciate polacca e ucraina presso la Santa Sede. Il collegamento va e viene, lui ogni tanto si alza ("si sentono in continuazione spari", riferisce). Dietro lui la statuina del Curato d'Ars, il protettore dei sacerdoti.
    Ancora dietro c'è la finestra dalla quale si può vedere - racconta il presule polacco che da quasi trent'anni vive in Ucraina - "circa millecinquecento persone che restano in fila per ore per un quarto di pagnotta di pane che stanno distribuendo i Frati Albertini".
    In città manca tutto, non solo il cibo ma spesso anche l'acqua, la luce, il riscaldamento. "I grattacieli qui intorno rischiano di diventare dei frigoriferi dove non sarà possibile vivere". Manca tutto ma non l'attesa per il Natale. Monsignor Sobilo racconta allora che, quando è stato due settimane fa in Vaticano per incontrare Papa Francesco, si è affacciato dalla finestra del Palazzo apostolico e ha visto che a Piazza San Pietro stavano allestendo il grande albero di Natale. "Mi sono chiesto: ma noi quest'anno riusciremo a fare l'albero nella piazza di Zaporizhzia? No, sicuramente non ci sarà. Cercheremo di allestirlo nelle case, se Dio vorrà. Siamo assolutamente consapevoli che il Natale di quest'anno non sarà come quello degli anni passati ma ci prepariamo ad accogliere Gesù Cristo.
    D'altronde anche lui è nato in una grotta fredda e buia.
    Accoglierlo nel calore dei nostri cuori, nonostante il freddo che c'è fuori, oggi siamo a otto gradi sotto zero -, racconta per inciso - dipende da noi". "Vogliamo vivere il Natale uniti, come un'unica famiglia. Cercheremo di non lasciare nessuno con la tavola vuota".
    Poi racconta delle atrocità di cui è venuto a conoscenza, della mamma che ha trovato la figlia, nella casa distrutta da un missile, praticamente decapitata, o del nonno che di fonte alla nipotina violentata e uccisa "mi ha chiesto: dove era Dio? Perché lo ha permesso?". "Io posso solo rispondere che Dio ci ama e prepara a tutti il posto in Cielo". Ma quanto questo possa portare consolazione non si sa. (ANSA).
   

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