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18enne fatto a pezzi: caccia a complici

18enne fatto a pezzi: caccia a complici

Intercettato in auto con gli arrestati, sapeva dell'omicidio

ORISTANO, 19 ottobre 2018, 10:18

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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di Manuel Scordo

Sarebbe stato presente mentre seppellivano il cadavere, di sicuro era con loro in auto il giorno dopo l'omicidio, ma il suo ruolo nel barbaro assassinio di Manuel Careddu, il 18enne di Macomer ucciso l'11 ottobre scorso e poi sepolto in un terreno nelle campagne di Ghilarza per recuperare poche centinaia di euro per la vendita di marijuana, non è ancora chiaro. I cinque fermi, eseguiti dai carabinieri della Compagnia di Oristano per il brutale delitto, non sono l'ultimo atto dell'indagine. Gli inquirenti sono a caccia del sesto uomo, sicuramente un amico dei ventenni Christian Fodde, Matteo Satta e Riccardo Carta, tutti di Ghilarza, del loro compaesano di 17 anni di origine romena, e della ragazza di Abbasanta, anche lei 17enne. I cinque sono in carcere dalla scorsa settimana. Le indagini, coperte dalla massima riservatezza, sono serrate e potrebbero avere una veloce evoluzione. La figura del sesto uomo, che sarebbe già stato identificato dai carabinieri, compare chiaramente nell'ordinanza di fermo dei cinque giovani. La sua voce è stata intercettata e "congelata" dagli inquirenti. Salta fuori per la prima volta nelle intercettazioni del 12 ottobre mentre parla con Christian Fodde. Il dialogo avviene mentre i due si recano, presumibilmente, nel terreno in cui verrà poi nascosto il cadavere di Manuel. E il giovane ancora misterioso dice: "Non ho ancora realizzato". Gli investigatori dell'Arma, coordinati dal tenente colonnello David Egidi, vogliono capire se quella frase sibillina confermi una sua partecipazione diretta all'omicidio, oppure se abbia partecipato all'occultamento del cadavere, degli attrezzi usati per uccidere e fare scempio del corpo di Manuel o dei telefonini. Dalle intercettazione emerge che il sesto uomo, poche ore dopo il delitto, ha incontrato gli amici in un bar e che lì sia venuto a conoscenza di quanto era avvenuto, senza però dire nulla. Lo stesso Fodde intercettato parla con lui dell'omicidio: "Non è un gioco... quello di ammazzare va bene... è il dopo". In queste ore il lavoro degli investigatori si sta concentrando sul sesto componente del branco. Si attendono poi gli esiti dell'autopsia e l'esame del Dna per il riconoscimento ufficiale del cadavere di Manuel: dovrebbero svolgersi sabato e saranno affidati a un perito che arriverà dalla Penisola. Le condizioni del corpo, rimasto sepolto per cinque settimane in una fossa profonda circa 30 centimetri, sono tali che il solo esame autoptico non potrà dare risposte certe. Nessun indumento è stato trovato vicino al cadavere, né documenti. Gli autori del delitto si sarebbero accaniti sul corpo del 18enne: sfondato il cranio con pala e piccozza, avrebbero poi provato a farlo a pezzi con una motosega prima di seppellirlo. Una ferocia inaudita, scatenata da "belve", come ha definito gli arrestati Fabiola Balardi, la madre di Manuel. "Quelle cinque belve non hanno visto che Manuel era poco più di un bambino? Non hanno pensato che stavano togliendo la vita a un ragazzo come loro - ha dichiarato ai giornalisti - Lo so che mio figlio era coinvolto in storie non belle, ma per questo ha pagato le sue colpe. Invece voi, belve umane, lo avete ucciso senza pietà. Lo avete ammazzato come se fosse una bestia, la dovete pagare cara e non sarà certamente la condanna esemplare che vi verrà inflitta a rasserenarmi. Combatterò fino ad avere giustizia, quella vera".

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