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Borsellino: legale famiglia, giudici non si sentano assolti

Borsellino: legale famiglia, giudici non si sentano assolti

In aula anche il figlio del giudice, Manfredi

CALTANISSETTA, 20 maggio 2022, 11:53

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Mi rendo conto che è un'affermazione forte e dolorosa ma per quanto riguarda la dottoressa Palma e Petralia, come indagati di reato connesso, e il dottor Di Matteo, noi diciamo che 'per quanto loro si possano credere assolti, riteniamo che siano lo stesso per sempre coinvolti', e lo dimostrerò nel corso della mia arringa". Lo ha affermato l'avvocato Fabio Trizzino, legale dei figli del giudice Borsellino, Lucia, Manfredi e Fiammetta, parti civili nel processo sul depistaggio delle indagini della strage di via D'Amelio che si celebra a Caltanissetta. In aula c'è anche Manfredi Borsellino, commissario della polizia di Stato a Palermo, figlio del giudice ucciso nella strage del 19 luglio 1992, insieme a cinque agenti della sua scorta. Il riferimento di Trizzino è all'indagine della Procura di Messina per concorso in calunnia nei confronti dei giudici Annamaria Palma e Carmelo Petralia, sempre in merito alla gestione di Scarantino. Indagine che è stata archiviata. Antonino Di Matteo invece si era occupato della prima inchiesta sulla strage Borsellino. "Se la verità ha una sua dimensione collettiva dobbiamo reclamarla e, in questo senso la famiglia, sta cercando di interessare l'opinione pubblica su questa vicenda proprio perché non si può chiedere un rafforzamento delle istituzioni democratiche senza la realizzazione del diritto alla verità. Questo processo elaborativo del lutto non sta riguardando soltanto i figli di Paolo Borsellino ma ha lambito e lambisce i nipoti che hanno difficoltà a parlare di questo nonno. Inevitabilmente c'è sempre quel buco nero per quanto riguarda la strage di via D'Amelio", ha detto l'avvocato. Nel processo sono imputati tre poliziotti ex appartenenti al gruppo "Falcone-Borsellino" della Squadra Mobile di Palermo costituito per far luce sulle stragi. Secondo l'accusa i tre avrebbero costretto il falso pentito Vincenzo Scarantino, mediante minacce e pressioni, a rendere false dichiarazioni per depistare le indagini.
   

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