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Libri: il sisma del Belìce visto con gli occhi di un bimbo

Libri: il sisma del Belìce visto con gli occhi di un bimbo

Il racconto di Leonardo Cutrano "Un pacco dall'America"

PALERMO, 05 gennaio 2023, 17:12

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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LEONARDO CUTRANO "UN PACCO DALL'AMERICA" EDITOR ANTIPODES, PP. 68, EURO 9 Un terremoto terribile, quello del '68 che devastò la valle del Belice, visto attraverso gli occhi di un bambino. E' questo il filo conduttore di "Un pacco dall'America", opera prima di Leonardo Cutrano, insegnante agrigentino che vive a Forlì, i cui interessi spaziano dalla scrittura alla poesia fino alla pittura e all'arte. La notte del 14 gennaio 1968 l'autore, che aveva allora tre anni, si trovava a Menfi, uno dei pasi distrutti dal sisma, nella casa dei nonni paterni, insieme alla madre e alla sorella maggiore. L'occasione era data dall'arrivo di un pacco per i nipoti inviato da una parente emigrata negli Stati Uniti in cerca di fortuna subito dopo la prima guerra mondiale. "In quel pacco - racconta l'autore - non vi abbiamo trovato nulla, non è mai stato aperto, mai trovato, finito tra le tante cose perse durante il sisma".
    Quel "pacco dall'America" diventa così il pretesto per narrare cosa accadde quella terribile notte attraverso i ricordi d'infanzia di un bambino di tre anni: il boato seguito dall'onda d'urto che scuote le case e le sventra, la corsa affannosa a mettersi in salvo con la madre e la sorella che indossa solo una scarpa, l'incontro in piazza con gli altri parenti e con lo zio 'Ciccino' che si accorge solo allora di avere 'dimenticato' in casa Pinuccia, la cugina più piccola, che continua a dormire beatamente nella sua culla. Un racconto drammatico, a tratti onirico, in cui affiorano i ricordi: l'amore viscerale per la la madre, figura centrale in una società matriarcale come la Sicilia di quegli anni, lo sposalizio della cugina Rosa con un carabiniere giunto in paese con i primi soccorsi, il legame mai interrotto con il mare e con la propria terra. Ed ancora la popolazione del Belìce costretta a vivere per decenni nelle "baracche", in attesa di una ricostruzione attesa troppo a lungo "sfidando la vita stessa - scrive l'autore - le umiliazioni, l'abbandono, il dolore, la dignita'...in quella splendida vallata distrutta in un attimo".
   

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