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Caponata o teatro? Dilemma di Spitaletto

Caponata o teatro? Dilemma di Spitaletto

Esilarante romanzo di Terracina sul declino della cultura

PALERMO, 03 agosto 2018, 17:22

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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  Evaporata in una nuvola di cambiamento, la città che Angelo Maria Spitaletto aveva conosciuto, la sua, da un giorno all'altro non esiste più.
    Quando torna il sereno, questo signore che vive in un'immaginaria metropoli del Sud, Portolazzi, si ritrova a fare l'imprenditore teatrale; lui che dal padre aveva ereditato una rinomata fabbrica di caponata in scatola. E non finisce qui: sarà proprio il capannone dello stabilimento a ospitare il nuovo, ennesimo teatro della città che muta attraverso la cultura, secondo il ferreo piano dell'amministrazione comunale, disposta a svenarsi pur di trasformare Portolazzi in un unico grande palcoscenico sul quale si agita una cultura così paga di sé da non aver bisogno di nutrirsi d'altro, men che mai dell'oleosa caponata, un tempo orgoglio della Spitaletto&Figli.
    Il romanzo ("UNA VITA IN SCATOLA", IL PALINDROMO, 193 PP., 12 EURO) del giornalista Francesco Terracina - che ambienta la storia tra il 1985 e il 2001 - è un esilarante racconto su come l'era dell'immagine abbia preparato e consentito indebite incursioni della politica nella cultura, cioè nel terreno che avrebbe dovuto assicurare libertà allo spirito e al pensiero. Le risa seppelliscono quel che resta di un mondo fino a ieri in grado di garantire la civiltà del lavoro e dei lavoratori. Il vento del nuovo - il periodo in esame produce tempesta, ma in un bicchier d'acqua - porta a una variazione di paradigma: sindaci che decidono cos'è la cultura e ne indicano i cantori, politici che si estenuano nell'esercizio dell'apparire e cittadini in beckettiana attesa del cambiamento che verrà.
    Appena pubblicato da Il Palindromo - casa editrice di Palermo che ha recentemente fatto tornare in libreria "I vivi e i morti" di Giuseppe Antonio Borgese, introvabile titolo del 1923 -, il libro di Terracina lascia all'ingenuo Spitaletto il compito di raccontare la tanta miseria e la scarsa nobiltà del mondo trovato fuori dalla sua fabbrica, quel mondo che luccica e che lui fatica a comprendere, abituato com'è a misurare tutto in cucchiai d'olio e in dosi di zucchero e aceto.
    Spitaletto, una specie di Giufà della tradizione mediterranea, dice quel che altri tacciono, vede quel che altri ignorano o nascondono. L'ex imprenditore di caponata - che da Shakespeare trae il nome del teatro, ma che del Bardo conosce solo la copertina delle opere complete contenute in un tomo troppo ingombrante per poterlo leggere davvero - si rivela pian piano un autore sorprendente della grande commedia che va in scena nella sua città e che annuncia lunghe tournée.
   

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