L'inquinamento mafioso del voto a
Palermo è un rischio presente e perfino paventato. Dopo i nuovi
arresti per voto di scambio politico-mafioso che hanno
riguardato un candidato di Foraza Italia e uno di Fratelli
d'Italia il tema ha trovato un'eco nell'ultimo confronto tra i
sei candidati sindaci organizzato questa sera dal Giornale di
Sicilia e da Tgs nell'ambito della rassegna "Una marina di
libri" .
"Quello che sta accadendo conferma - dice Franco Miceli
candidato del centrosinistra - il nostro grido d'allarme sulla
possibilità che la mafia si impossessi della politica e quindi
della città. E non si può dire che si chiudano le porte per non
fare entrare nessuno quando i diavoli li hai dentro". La critica
è rivolta allo schieramento di centrodestra che esprime l'ex
rettore Roberto Lagalla, appoggiato da Marcello Dell'Utri e Totò
Cuffaro entrambi condannati per reati di mafia. Lagalla ammette
che gli arresti pongono una questione morale, prende le distanze
da "alcuni straccioni che vanno a chiedere i voti alla mafia" ma
denuncia anche il rischio che tutto venga "agitato come una
clava in campagna elettorale".
Ma chi deve rispondere dell'inquinamento mafioso della
politica? Non certo i candidati, sostiene Francesca Donato ex
eurodeputato della Lega, ma chi compila le liste. C'è comunque
l'esigenza, posta da Rita Barbera, che vengano stretti i
controlli sul voto a Palermo e per questo si appella al ministro
dell'Interno perché si va verso "elezioni avvelenate". Fabrizio
Ferrandelli rivendica di avere posto in testa al suo programma
l'impegno a liberare la città da mafia, corruzione e malaffare.
E si dichiara orgoglioso di non avere nelle sue liste "un solo
impresentabile".
Gli arresti dimostrano, a parere di Ciro Lomonte, che in
questa campagna elettorale "c'è una grande questione morale e
un'influenza della mafia ormai intollerabile".
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