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Frazione Norcia, macerie a 3 anni sisma

Crolla fiducia e speranza tra coloro che vivono a S. Pellegrino

(ANSA) - NORCIA (PERUGIA), 8 AGO - Tre anni dopo la prima scossa, San Pellegrino di Norcia è un borgo segnato da macerie e solitudine. Gran parte delle abitazioni sono state demolite, altre forse dovranno essere ancora abbattute, ma intanto continua a crollare la fiducia e la speranza delle 120 persone che subito dopo il terremoto, del 24 agosto e del 30 ottobre 2016, decisero di restare qui. "Sono venuti tutti, da Renzi a Crimi, da Gentiloni a Tajani e perfino il Papa, garantendoci che non ci avrebbero lasciati soli, invece eccoci qua, completamente abbandonati", mastica amaro Luciano Severini che di San Pellegrino è un punto di riferimento per tutta la comunità. "Ma il governo sa cosa vuol dire ricostruzione?", si domanda mentre accompagna l'ANSA dentro quello che fino a tre anni fa era il centro storico di questo borgo non distante dalla città di San Benedetto. Chi proprio non vede un futuro è Antonio Santarelli, 80 anni portati benissimo, ma segnati dalla sfiducia che forse lui San Pellegrino ricostruito non lo vedrà mai: "È tutto fermo e nessuno ci dice cosa succederà". Di certo anche i tempi per adempiere a tutte le pratiche non incoraggiano. "Per presentare gli incartamenti per il recupero di una casa con danni lievi serve circa un anno e poi altri sei mesi per completare i lavori", racconta Severini. E a proposito di alloggi da restaurare, il viaggio tra le vie "bombardate" dal sisma porta fino alla casa di Mauro Di Giovanbattista, una delle poche che ha retto. Tra un paio di mesi potrà tornarci a vivere e al solo pensiero di come sarà bello rientrarci per sempre scoppia in lacrime. Chi invece una casa non ce l'ha più a San Pellegrino e per tanti anni continuerà a non avercela sono Giovanni Funari e la moglie Elsa Mazzeschi. Vivono a Perugia e qui avevano realizzato il loro secondo "nido" dove trascorrere le ferie. "Ci avevamo messo i risparmi di un vita - racconta Giovanni - ma anche se ora non abbiamo più niente a San Pellegrino continuiamo a starci grazie alla casetta su ruote che ci presta mio cugino". E non sono i soli ad aver scelto di trascorrere l'estate in questa terra alloggiando in situazioni quasi di fortuna. Anche Oriana Severini, che arriva da Albano Laziale, passa la sua estate a San Pellegrino vivendo dentro una casetta mobile e lo fa, spiega, per "l'attaccamento e l'amore che provo per questo posto dove sono nata e cresciuta". E solleva la questione dei non residenti: "Non ci è stata data l'opportunità di continuare a frequentare con assiduità i luoghi colpiti dal terremoto, le casette Sae sono state destinate solo a chi in queste terre viveva tutto l'anno e questo a mio avviso è stato un errore, così si è peggiorata ulteriormente la condizione economica di questi borghi". A San Pellegrino in inverno prima del terremoto ci vivevano 150-160 persone che nei giorni di festa e in particolare in estate arrivano a mille. Oggi, in pieno agosto, non ci sono più di 120, col morale a pezzi.
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