La Brianza verde e laboriosa va incontro al disastro in un tranquillo sabato estivo del 1976. Quarant'anni fa.
Alle 12.37 del 10 luglio, nel reparto 'B' dello stabilimento Icmesa di Meda, che distilla il triclorofenolo, prende forma quello che sarà ricordato come il "primo choc ambientale italiano": un reattore si surriscalda, la valvola di sicurezza entra in funzione e impedisce l'esplosione della fabbrica, ma rilascia all'esterno una nuvola bianca. Nonostante il colore rassicurante, quella nube è tutt'altro che innocua: contiene due chilogrammi di diossina, la Tcdd. La nuvola carica di veleno viene spinta dai venti verso i paesi vicini. Seveso, innanzitutto. Ma anche Cesano Maderno e Desio, il paese che diede i natali a Pio XI, il 'papa alpinista'.
All'inizio, tra smentite e parziali ammissioni, in pochi si rendono conto di quanto sarà grande la montagna da scalare. Il primo segnale inquietante, che fa scattare l'allarme e aiuta a prendere coscienza di quanto è accaduto, è la morte di alcune pecore. Poi cominciano i malesseri delle popolazioni investite dalla nube tossica. Cinque giorni e vengono segnalati i primi casi di cloracne, con i volti e le braccia deformati da un eritema che può lasciare segni permanenti, come accadrà molti anni dopo al presidente dell'Ucraina Viktor Yushchenko, forse avvelenato proprio con la diossina.
E' evidente che qualcosa di terribile è accaduto. Ma sono le analisi del laboratorio chimico provinciale di Milano a confermare ufficialmente la presenza di Tcdd nell'aria. E' il 19 luglio, e finalmente l'azienda ammette che dallo stabilimento è fuoriuscita 'diossina'.
Pochi sanno di questa sostanza, così come nessuno - non essendoci alcun precedente - sa davvero quali provvedimenti adottare, quali precauzioni prendere di fronte a una sostanza che circola nell'aria e contro la quale non sembra esistere alcun tipo di barriera.
Seveso viene divisa in zone, secondo il grado di pericolosità ambientale. Si comincia a parlare del rischio tumori. Ma soltanto il 24 luglio viene decisa l'evacuazione per gli abitanti dell'area più inquinata, mentre le colture vengono distrutte e gli animali da cortile vengono abbattuti.
Il 7 agosto del 1976 il governo autorizza, tra inevitabili polemiche, gli aborti terapeutici per le donne della zona che ne avessero fatto richiesta. Verranno eseguiti alla Mangiagalli di Milano e a Desio. Ci sarà anche un "invito" del sindaco a non procreare per sei mesi.
Quel 10 luglio passerà alla storia come il disastro di Seveso. Un disastro di proporzioni enormi, l'ottavo di tutti i tempi secondo il Time, con uno strascico giudiziario durato anni sulle richieste di danni e risarcimenti miliardari. Un evento che ha però permesso di approvare nuove e più efficaci norme europee (la più nota è proprio la cosiddetta 'direttiva Seveso') che probabilmente hanno impedito altre tragedie e hanno aumentato la sicurezza ambientale.