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Il 'Whatever it takes' di Draghi compie 5 anni, fra successi e sfide

Nessuno scommette più sull'implosione dell'euro, ma le riforme tardano

L'implosione dell'Eurozona è scongiurata, la ripresa accelera, i rendimenti dei titoli ad alto rischio sono crollati. Sono i successi di Mario Draghi a cinque anni dal 'whatever it takes', l'impegno preso il 26 luglio 2012 a fare "qualunque cosa necessaria" per salvare l'unione monetaria, seguito nel 2015 dal quantitative easing.

Il bilancio è positivo: nessuno, oggi, sui mercati, punta seriamente sulla fine dell'euro. nemmeno sull'uscita della Grecia. Ma le sfide restano: l'aver tolto le castagne dal fuoco ai politici, facendo della Bce il principale garante della stabilità, di fatto non ha ancora prodotto una svolta sul fronte delle riforme istituzionali, con l'unione bancaria rimasta incompleta e l'unione di bilancio, con politiche economiche e magari un ministro delle Finanze dei Diciannove, o perlomeno un avanzamento dell'unione economica che rimangono un miraggio.

Il rendimento del Btp italiano decennale, da oltre il 6% di cinque anni fa, un livello insostenibile che faceva temere l'implosione con l'uscita di un membro fondatore dell'euro, sono crollati e oggi valgono poco più del 2%. L'inflazione dell'Eurozona ha retto, grazie al 'Qe', e oggi è all'1,3% dal 2,4% di allora nonostante anni di spinte deflazionistiche. la disoccupazione è al 9,3% dall'11,4% di cinque anni fa, la crescita sfiora il 2% mentre allora era recessione.

Per i governi, le politiche della Bce dal 2008, agli inizi della fase espansiva che continua tuttora, ad oggi hanno prodotto 1.000 miliardi di risparmi sul finanziamento del debito pubblico abbassando i tassi sui titoli di Stato, secondo stime della Bundesbank. Un aiuto evidente anche in Italia, dove l'abbattimento di quei costi sfiora l'11% del Pil contro il quasi 8% della Germania.

Oggi, a distanza di cinque anni e con il bilancio della Bce salito a 4.200 miliardi di euro, al 40% del Pil dell'Eurozona contro il 25% della Fed, i mercati sanno che la Penisola, allora percepita come un fattore di rischio maggiore della Grecia date le sue dimensioni, è in ripresa, è sulla strada delle riforme, sia pure lentamente, e anche nel caso in cui il debito pubblico sfuggisse di mano in futuro può contare sull'Omt, gli acquisti di bond mirati da parte della Bce, ancorché subordinati alla condizionalità e al monitoraggio del paese richiedente.

Draghi ha salvato l'euro, ma la sfida non è del tutto vinta. Nel suo famoso discorso di Londra il presidente della Bce si disse convinto delle riforme dell'architettura istituzionale dell'Europa: la governance ha fatto un enorme passo avanti con l'unione bancaria, cui manca tuttavia l'assicurazione comune dei depositi.

I progetti, capitanati anche da Draghi, per una maggiore integrazione economica sono fermi, essenzialmente per responsabilità dei governi. L'abbattimento dei rendimenti dei titoli pubblici, grazie al Qe, nonostante la contropartita del 'fiscal compact' voluta dalla Germania non hanno prodotto una riduzione del rapporto debito/Pil: c'è stato un aumento in paesi-chiave come l'Italia a oltre il 130% del Pil.

Nessuno scommette più sulla caduta inevitabile del "calabrone", termine con cui cinque anni fa Draghi descrisse l'euro che, come quell'insetto, in sfida alle leggi della natura riesce a volare. Ma perché il calabrone si trasformi in ape, come Draghi auspicava nel suo discorso storico, la strada appare ancora lunga.

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