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Addio a Flavio Bucci, dal Ligabue tv a Sorrentino

Un 'irregolare di talento', è morto in povertà a 72 anni

Se n'è andato solo come un cane, a Passoscuro, su quel litorale romano che da alcuni anni aveva eletto a ultimo rifugio per una vecchiaia senza un soldo dopo una vita di splendori ed eccessi, esaltazioni e depressioni. Flavio Bucci (SCHEDA ANSA CINEMA), torinese del '47, ma di famiglia un po' molisana e un po' foggiana, ha chiuso la sua esistenza terrena pare per colpa di un infarto. Ma, come amava ripetere, "'c'è una sola cosa che ti uccide, però non lo sai mai prima quale sarà" e forse poco gli importava, dopo una vita spesa senza remore e senza mai occultare i suoi vizi, dalle sigarette all'alcool, dalla cocaina alle donne. "I suoi ultimi anni non sono stati sereni purtroppo - dice il figlio Alessandro, che per un tratto della vita lo ha accompagnato come attore - ed è triste pensare che in troppi lo abbiano abbandonato dopo una carriera così intensa tra il cinema e il teatro. Ma come spesso accade agli artisti aveva una sensibilità più acuta e dolorosa di noi uomini normali e il gran pregio di non rinnegare nulla di sé, neppure gli sbagli". 

Addio a Flavio Bucci

Cresciuto nella Torino del dopoguerra tra gli immigrati del sud e poi contagiato dall'euforia della rinascita italiana, Flavio Bucci aveva abbracciato il palcoscenico alla scuola del Teatro Stabile come un amante focoso e impaziente. Alla sua passione regalava da subito tutto se stesso, sentendosi erede di un teatro classico, lontano dalle bizzarrie dell'avanguardia, ma aperto alla sperimentazione e al fascino dei testi, tra Shakespeare e Gogol ("Le memorie di un pazzo" è stato il suo cavallo di battaglia per oltre 30 anni), Virginia Woolf e Pirandello a cui lo accomunava la visione da lunatico solitario, caparbio e spigoloso. Sedotto dal cinema e dalla bella vita, era sbarcato a Roma all'inizio degli anni '70, forte di un'amicizia con Gian Maria Volonté che prima lo aveva iscritto "quasi a forza" al Partito Comunista e poi gli aveva presentato Elio Petri imponendolo nel cast di "La classe operaia va in Paradiso".

Il sodalizio - burrascoso e felice - con il regista romano lo portò ad imporsi presto, volto anomalo e indimenticabile che avrebbe avuto la sua celebrazione da protagonista nel personaggio di Total in "La proprietà non è più un furto" (1973). Poco dopo, in uno slancio di faticosissimo virtuosismo, prese le fattezze e l'anima del poeta e pittore Ligabue nell'omonimo sceneggiato Rai di Salvatore Nocita. Un trionfo perfino inaspettato che incollò ai teleschermi più di 15 milioni di spettatori e fece di Bucci una stella in palcoscenico. Più tardi avrebbe dato il volto al protagonista di Quer pasticciaccio brutto di via Merulana, diretto da Piero Schivazappa, dal romanzo di Carlo Emilio Gadda. Il cinema invece gli ha ritagliato prevalentemente parti di antagonista e caratterista cui l'attore dava ogni volta un graffio originale di umanità rabbiosa. "Erano gli anni in cui a Hollywood apparivano facce strane, da Dustin Hoffman a Al Pacino - raccontava - e questa linea di mezzo, tra gli scultorei protagonisti della generazione precedente e i colonnelli della risata si adattò bene a gente come me, irregolari di talento".

La lista delle sue apparizioni è lunghissima anche se poche volte la qualità dei lavori corrispondeva al suo prorompente talento. Tra tanti titoli piace ricordare il metodico e nevrotico giocatore di "Il sistema infallibile" diretto da Carlo di Carlo, il pugliese di "L'Agnese va a morire" con Giuliano Montaldo, il pianista cieco di "Suspiria" con Dario Argento, lo Svitol di "Maledetti vi amerò" con Marco Tullio Giordana, il prete blasfemo e brigante de "Il marchese del grillo" con Mario Monicelli, le collaborazioni con Eriprando Visconti e il viscido Evangelisti ne "Il divo" di Paolo Sorrentino. Grazie all'amico Marco Mattolini ha lavorato fino a poco tempo fa, prima con un recital autobiografico al vetriolo e poi con un bel collage di liriche e pensieri da Giacomo Leopardi, grazie a Riccardo Zinna ha avuto un toccante omaggio da vivo alla Festa del Cinema di Roma con il documentario-ritratto "Flavioh". Ha avuto due figli dalla compagna Micaela Pignatelli e un terzo dalla produttrice olandese Loes Kamsteeg. Grazie all'amore del fratello Riccardo molte volte si è salvato da se stesso. Ma, come amava dire, "Non mi pento di niente, ho amato, ho riso, ho vissuto, vi pare poco?"

RaiPlay rende omaggio all'attore proponendo in home page lo sceneggiato del 1977 "Ligabue". Fu trasmesso da Rai1 in 3 puntate, dal 22 novembre al 6 dicembre nel 1977 e racconta la storia tormentata e visionaria del pittore "naïf" Antonio Ligabue (1899-1965), che visse, prima di essere scoperto e celebrato, un'esistenza dolorosa segnata da solitudine e disagio psichico. Tra gli interpreti di questo sceneggiato biografico, oltre all'indimenticabile Flavio Bucci nel ruolo di Ligabue, ci sono Pamela Villoresi, Giuseppe Pambieri e Alessandro Haber. RaiPlay ripropone anche "Don Luigi Sturzo", del 1981, una miniserie televisiva in 3 puntate andata in onda su Rai1. Lo sceneggiato racconta la vita di uno dei più importanti protagonisti del cattolicesimo democratico del '900: Don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare, antifascista, esule, ispiratore della Democrazia Cristiana. Interpretato da un convincente Flavio Bucci con la regia di Giovanni Fago. E' disponibile anche "Quer pasticciaccio brutto de via Merulana" del 1983, tratto dall'omonimo romanzo di Carlo Emilio Gadda, una miniserie in 4 puntate per la regia di Piero Schivazappa. Al centro dello sceneggiato le indagini del commissario Francesco Ingravallo, alle prese con il furto di gioielli della contessa Menegazzi e con l'omicidio della signora Balducci. Il commissario è interpretato da Flavio Bucci. Un altro titolo disponibile su RaiPlay è: "Le due vite di Mattia Pascal" del 1985, versione televisiva integrale della rilettura de "Il fu Mattia Pascal" (1904) di Luigi Pirandello (1867-1936), realizzata da uno dei più importanti registi italiani del secondo '900: Mario Monicelli. "Le due vite di Mattia Pascal" andò in onda su Rai1 in due puntate della durata complessiva di 150 minuti il 9 e 10 settembre del 1990. Tra gli attori del film ci sono Marcello Mastroianni, Flavio Bucci e Laura Morante, mentre le musiche sono di Nicola Piovani e la regia è di Mario Monicelli.

 

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