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Il massacro degli elefanti in docu

Il massacro degli elefanti in docu

Uscita evento il 26 settembre di 'Ivory. A crime story'

ROMA, 21 settembre 2017, 12:14

Francesca Pierleoni

ANSACheck

Ivory. A crime story - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ivory. A crime story - RIPRODUZIONE RISERVATA
Ivory. A crime story - RIPRODUZIONE RISERVATA

Ogni 15 minuti viene ucciso un elefante per circa 90 morti al giorno. Gli oltre 10 milioni di pachidermi di 200 anni fa sono ormai ridotti a mezzo milione e fra 50 anni il loro habitat sara' ulteriormente ridotto del 60%. Sono alcuni degli sconvolgenti dati sul massacro in atto raccontato dal documentario Ivory. A crime story di Sergey Yastrzhembskiy, che arriva nelle sale italiane con un'uscita evento, il 26 settembre, distribuito da Koch Media. Yastrzhembskiy, oggi 63enne, dopo 30 anni come diplomatico russo (e' stato anche portavoce di Eltsin e consigliere di Putin), ha deciso circa dieci anni fa di lasciare la politica e dedicarsi all'attivita' di fotografo e documentarista.

"Quando ho detto a Putin che lasciavo l'entourage lui l'ha presa male - spiega sorridendo il regista, che vive da qualche anno in Italia - ma sentivo che quella carriera non mi bastava piu'". Con il suo studio ha gia' prodotto oltre 70 documentari, molti dei quali premiati in giro per il mondo. In 'Ivory. A crime story' (vincitore, fra gli altri, del Premio speciale per la regia a Montreal), Yastrzhembskiy ha compiuto un'indagine di 3 anni in 30 Paesi sul "genocidio degli elefanti" e sul traffico dell'oro bianco, l'avorio (un chilo ha quotazioni maggiori di un chilo d'oro), che ne e' alla base. "E' piu' facile dire che i colpevoli sono gli africani - spiega -. Loro uccidono per fame, perche' piu' del 50% delle famiglie che abitano sotto il Sahara vive con un dollaro al giorno. Il bracconaggio pero' e' diventato un crimine di dimensioni enormi negli ultimi anni, per la presenza sempre piu' massiccia in Africa dei cinesi, che ormai investono direttamente in 49 dei 51 Paesi africani". La Cina, infatti, "consuma praticamente tutto l'avorio, che per tradizione, legata a religioni come la taoista e buddista, e' simbolo di lusso, prosperita' e benessere".

Dalla realizzazione del documentario nel 2016, tuttavia, c'e' un'importante novita': "La Cina mettera' al bando dalla fine del 2017 il commercio di avorio proveniente dagli elefanti, per sostituirlo con quello ricavato dalle zanne di mammut importate dalla Siberia. C'e' gia' qualche risultato positivo. E' scesa la domanda di avorio di elefanti e le autorita' hanno chiuso alcune fabbriche che lo lavoravano". Il documentario ha scene molto dure come l'uccisione di un elefante da parte dei bracconieri, ma racconta anche l'azione di ranger e guardiani che rischiano la vita per contrastarli e le iniziative portate avanti delle ong.

Viene messa in luce inoltre l'ambiguita' della Chiesa Cattolica sul tema (riflessa anche da un'intervista all'allora direttore della Sala Stampa del Vaticano Federico Lombardi, ndr), vista la presenza massiccia nelle comunita' cattoliche asiatiche di oggetti di culto in avorio. Anche su questo, pero', c'e' stato un passo avanti: "Nel suo discorso a Nairobi, nel 2015, Papa Francesco ha parlato della necessita' di salvare gli elefanti e di fermare il commercio di avorio. In quel periodo, dal Vaticano mi avevano chiesto un piccolo riassunto del mio documentario, che non era ancora finito, e io ci avevo messo anche tutte le critiche alla Chiesa. Non so se abbia avuto qualche effetto, se cosi' fosse ne sono orgoglioso".

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