Qual è il compito dello storico
dell'arte? Perché si conservano i manufatti e le opere? Cosa
muove le comunità e i popoli quando preservano o distruggono i
simboli e le testimonianze ricevuti dal passato? Sono le domande
e le questioni da cui muove il nuovo libro del critico e storico
dell'arte Luca Nannipieri 'A cosa serve la storia dell'arte'
(Skira, 2020, pp. 217, 19 euro).
L'autore, approfondendo il rapporto tra patrimonio
storico-artistico, persona e comunità, riflette sulla
responsabilità sociale dello storico e del critico d'arte,
mettendo a confronto il suo pensiero non solo con i fondatori o
punti di riferimento della disciplina, da Johann Joachim
Winckelmann ad Arnold Hauser, da Alois Riegl a Erwin Panofsky,
da Max Dvořák, Bernard Berenson e Heinrich Wölfflin, ma anche
con gli storici direttori di alcuni dei più autorevoli musei
italiani ed europei, come Palma Bucarelli, Franco Russoli,
Ettore Modigliani e Fernanda Wittgens, così come con figure,
come il soprintendente Pasquale Rotondi, che sono rimaste nella
storia per i capolavori che hanno salvato dalle distruzioni e
dalle guerre. Dunque un libro di teoria dell'arte e di
militanza.
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