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>>>ANSA/Wole Soyinka, gli italiani sono gli africani bianchi

>>>ANSA/Wole Soyinka, gli italiani sono gli africani bianchi

Premio Nobel chiude Festival Libro Possibile a Polignano a Mare

POLIGNANO A MARE, 10 luglio 2021, 19:42

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Mauretta Capuano) Wole Soyinka, primo africano a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1986, è tornato dopo 50 anni al romanzo e non si è risparmiato, ha scritto circa 800 pagine, complice il lockdown, che uscirà in Italia all'inizio del 2022, per la Nave di Teseo, con il titolo 'Cronache dalla Terra delle persone più felici del mondo'. La sera del 10 luglio chiuderà in un attesissimo incontro - dopo il reading in cui ha letto l'incipit del suo nuovo libro alla Milanesiana di Elisabetta Sgarbi - il Festival Libro Possibile a Polignano a Mare, in provincia di Bari, che nella ventesima edizione raddoppia con altri appuntamenti a Vieste, in provincia di Foggia, il 22- 23 e il 29-30 luglio.
    In perfetta forma a 86 anni lo scrittore, drammaturgo, poeta, collezionista e attivista nigeriano racconta, al suo arrivo a Polignano, all'ANSA perchè ha deciso di tornare alla narrativa.
    "Non mi considero un autore di prosa fatta eccezione per i saggi. Prima di questo libro ho scritto altri due romanzi ('Gli interpreti' nel 1965 e il memoir 'L'uomo è morto' nel 1971 ndr). Scrivo prevalentemente per il teatro, sono un drammaturgo e non avendo la possibilità di dirigere la mia compagnia durante la pandemia sono tornato alla prosa che è uno strumento più libero a livello creativo però preferisco il teatro. Noi viviamo in un ambiente in cui ogni giorno c'è un colpo di scena, un dramma che si verifica. E' il mondo che fa il lavoro per te, sostanzialmente. Quindi ad un certo punto mancano le sfide, manca un po' l'azione per realizzare delle opere teatrali. E poi ho sentito questa chiamata, quasi un obbligo di raccontare cosa stava accadendo intorno a me e anche quali sono le conseguenze degli eventi accaduti. Da qui l'esigenza di scrivere in prosa.
    Me la portavo dietro da un bel po' ma avevo bisogno di isolarmi dall'ambiente esterno, da questa realtà sovrastante, che ti lacera internamente. Alla fine mi sono fermato in Ghana e Senegal dove ho scritto".
    Ci può anticipare qualcosa del libro, di cosa parla? "E' difficile parlare dei miei libri ma quello che posso dire è che la materia contenuta nel libro si è scritta da sola. Per tanti aspetti a livello politico e anche a livello sociologico in Italia ritrovo degli elementi che mi ricordano il mio paese, la Nigeria. Anche voi avete avuto un primo ministro che si parlava di bunga bunga, naturalmente parliamo di Berlusconi, e l'equivalente di questa figura è un personaggio che è all'interno del mio romanzo, un governatore che decide di istituire il ministero della felicità. Ci sono innumerevoli personaggi di questo mondo un po' sotterraneo che descrivo che in qualche modo mi rimandano a riferimenti italiani. Mi è capitato spesso di dire che gli italiani sono gli africani bianchi".
    Chi è il protagonista principale di questa storia corposa? "E' un medico, una figura tutt'altro che perfetta. La colpa delle tante pagine che ho scritto è del Covid. Ero praticamente verso le battute finali ed è arrivato il coronavirus che ha cominciato a torturare la vita di ognuno di noi. Sono stato in lockdown nel mio posto preferito, casa mia, nel bel mezzo di una foresta e quando pensavo, ok ho finito, è tempo di chiudere il romanzo, non avevo altro da fare e ho continuato a scrivere. Mi assumo la responsabilità della corposità di questo libro. Avevo cominciato a tagliarlo e speravo che l'editor mi avrebbe aiutato a ridurre alcune parti ma mi hanno detto lasciamo tutto così".
    Come vede il nostro futuro dopo la pandemia? "Il vero cambiamento sarà nello stile di vita. Le persone in questo periodo hanno fatto tantissime scoperte sulla propria vita sociale. Hanno cominciato a capire quali siano le priorità e che cosa sia veramente importante per loro. Ma in termini di natura umana non credo che assisteremo a tanti cambiamenti".
    Profondo studioso di Dante, Soyinka lo ha ricordato a 700 anni dalla morte ma ci tiene a dire "sono un divoratore di letteratura in generale. Dante è uno degli innumerevoli autori e scrittori che leggo. La Nigeria è molto famosa per gli ingorghi, si può restare fermi in macchina anche per un'ora e mezza ad aspettare di muoversi e nella mia automobile ho una piccola biblioteca personale che porto con me. Oltre a Dante c'è Khalil Gibran, Garcia Marquez e giovani autori nigeriani".
    Tornato da due anni in Nigeria, dopo aver strappato la green card americana in segno di protesta contro le elezioni di Donald Trump, come vive la situazione del suo paese d'origine? "Per una volta è possibile dire qualcosa di positivo e ci tengo a farlo perchè il modo in cui in Nigeria è stata gestita la pandemia è stato estremamente positivo e molto efficace. Ma non posso negare che il mio paese sia pieno di problemi, di natura terroristica, dal rapimento di giovani studenti alla situazione delle terre dei bovari che vengono confiscate. Non è una situazione rosea".
    Adesso che è tornato al romanzo sta pensando di continuare a scrivere fiction oppure vorrebbe tornare alla drammaturgia? "Se mi viene il tentativo di farlo devo essere prelevato di forza e messo in qualche istituto per non scrivere più. Il problema è prevalentemente tecnologico. Ho lavorato al computer e ci si ammattisce. Penso che non toccherò più una tastiera per scrivere da qui in avanti".
   

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