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Iannacone, il corpo una mappa che ci racconta

Iannacone, il corpo una mappa che ci racconta

'Che ci faccio qui' torna in seconda serata dopo Report su Rai3

ROMA, 17 novembre 2020, 19:26

di Nicoletta Tamberlich

ANSACheck

Che Ci faccio Qui ' IANNACONE torna in seconda serata dopo Report su Rai3 - RIPRODUZIONE RISERVATA

Che Ci faccio Qui ' IANNACONE torna in seconda serata dopo Report su Rai3 - RIPRODUZIONE RISERVATA
Che Ci faccio Qui ' IANNACONE torna in seconda serata dopo Report su Rai3 - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Il corpo elemento narrativo nella sue diverse anime ritorna continuamente, fragile e potente, per illustrare storie collettive e individuali". Domenico Iannacone torna su Rai3 in seconda serata, subito dopo Report, dal 30 novembre, con quattro nuove puntate di Che ci faccio qui. Con il suo sguardo aperto all'ascolto, Il conduttore e giornalista tocca le cicatrici sulla pelle di ognuno come seguendo un'immaginaria mappa esistenziale. Dove il corpo diviene testimonianza di sofferenza, ingiustizia, amore e rinascita. Perchè questo tema? "Il Corpo è - risponde in una conversazione con l'ANSA - a mio parere centrale come una cartina geografica esistenziale, ognuno di noi ha le sue cicatrici, ogni storia lascia un segno sulla nostra pelle, nel fisico, nelle osse, nell'anima, nel bene e nel male, in caso contrario invecchiando non avremmo le rughe, dopo una frattura non porteremmo il gesso. La storia lascia anche ferite che non si rimarginano, ugualmente da una caduta ci si rialza o ci si reinventa".
"Abbiamo dato ad ognuna di queste quattro nuove puntate un titolo significativo, la prima è 'Io sono vivo', dove torno a parlare della strage di Viareggio". E' il 29 giugno 2009 quando alle 23:48 della sera, un treno carico di gpl lanciato a 90 all'ora deraglia in piena stazione. Il gas esce e poi esplode, incenerendo tutto fino a due- trecento metri. Muoiono 32 persone e 17 restano ferite, più o meno gravemente. Tra loro la moglie e i due figli più piccoli di Marco Piagentini. Alla vigilia della pronuncia della Corte di Cassazione su uno degli incidenti più gravi che hanno coinvolto il trasporto su ferro in Italia, Domenico Iannacone incontra l'uomo che si definisce "un miracolo vivente". "Con una forza senza eguali e dopo 60 interventi chirurgici, Marco - spiega il conduttore di Che ci faccio qui - è ancora oggi il volto e il simbolo di chi si batte per ottenere verità e giustizia per tutte le vittime di quel disastro, e dei tanti altri accaduti in Italia". Iannacone entra con rispetto nella sua esistenza segnata per sempre e in quella di Daniela Rombi, la madre coraggio che perse la sua giovanissima figlia, morta dopo 42 giorni di agonia. "Una madre - prosegue - che si è sempre battuta per bisogno di verità. Il processo ha visto fra il primo e il secondo grado andare in prescrizione i capi di imputazione di lesioni e incendio colpose. Ed è proprio sulla revisione della prescrizione che si concentra da anni la lotta dei familiari che, pur consapevoli che una nuova legge non sarebbe comunque retroattiva e valida per il caso di Viareggio, esorta comunque una riforma che tuteli le vittime di eventuali incidenti futuri". La seconda puntata "l'abbiamo intitolata 'Siamo Angeli'. Ho deciso di tornare su una storia che avevo trattato anni fa, perché ero curioso della sua evoluzione e di mostrarla al pubblico a casa, quella di Max Ulivieri, un uomo in carrozzina affetto da una patologia neurogenetica che ha sposato una donna normodotata Enza ed è da poco diventato papà di una splendida bimba Sophie. Ecco lui, oltre al miracolo della vita, vede in questa nascita la possibilità di estendere qualcosa di sé e che si trasforma in bello. E' un attivista per l'assistenza sessuale in Italia per i disabili è diventato finalmente genitore, sono io dice a prendermi cura di qualcun altro". La terza Io e te, è la storia di un transessuale Egy cutolo una designer affermatissima si è sposata di recente, vive a Sarno". L' ultima puntata "è tuffo nell'emozione, nella creatività e nella potenza di quello che siamo, il corpo parla per noi anche se non vediamo e non possiamo toccare. E' la storia di un artista non vedente dall'età di 14 anni ormai di fama internazionale Felice Tagliaferri 51 anni di origini pugliesi che vive a Cesena, come sappiamo ci sono opere d'arte che non abbiamo la possibilità di toccare ma solo di ammirare con i nostri occhi. Lui aveva sentito tanto parlare del Cristo Velato ma avendo l'uso della vista e non potendo neanche sfiorare quell'opera con le sue mani, ha deciso di farsela raccontare. Così l'ha riprodotta utilizzando un blocco di marmo creando il suo Cristo RiVelato, nato dall'incontro dell'artista con l'originale settecentesco di Giuseppe Sanmartino. Il Cristo di Tagliaferri si «vela» due volte e nello stesso tempo si «ri-vela», si fa scoprire, cioè, da chi altrimenti non avrebbe avuto modo di fare la sua conoscenza. Impossibile non apprezzare un messaggio di tale profondità.

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