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'Ride', tra morti bianche, ironia e dolore

'Ride', tra morti bianche, ironia e dolore

Mastandrea, difficile essere in contatto con le emozioni

TORINO, 01 dicembre 2018, 10:39

Francesco Gallo

ANSACheck

La locandina di Ride - RIPRODUZIONE RISERVATA

La locandina di Ride - RIPRODUZIONE RISERVATA
La locandina di Ride - RIPRODUZIONE RISERVATA

'Ride', opera prima di Valerio Mastandrea e unico film italiano in concorso al Torino Film Festival, è un film con tanti registri narrativi, dal surreale al drammatico, e con al centro una storia divisa tra morti bianche, ironia e dolore. Il film, in sala dal 29 novembre con 01 in oltre cento copie, racconta infatti della vigilia di un funerale e di una vedova di un operaio morto sul lavoro che non riesce proprio a piangere.
    "Oggi - spiega Mastandrea - è difficile entrare in contatto con le proprie emozioni a causa di un sistema che dimentica presto. Non bisogna mai permettere di diventare passivi, di perdere il senso dell'umanità. I media stanno addosso a queste cose, ma solo per poco tempo per passare poi a una nuova notizia più fresca".
    Siamo in una domenica di maggio sul litorale laziale, a Nettuno, a casa di Carolina (Chiara Martegiani), fresca vedova di un operaio morto sul lavoro, Mauro Secondari. È l'ennesima 'morte bianca' nella fabbrica che ha mobilitato ancora una volta i media e che accade poi in una famiglia di operai da tre generazioni. E così, a ventiquattro ore dalla cerimonia, si seguono le vicende del padre operaio a riposo di Mauro, Cesare (Renato Carpentieri), di suo fratello Nicola (Stefano Dionisi) 'pecora nera' della famiglia e, infine, del figlio adolescente della vittima che si prepara con una amico, alla probabile intervista che gli farà il tg l'indomani sulla morte del padre. Ma Carolina non piange, non ce la fa. "Bisognerebbe vivere queste cose in maniera sana, ormai alla morte sul lavoro ci siamo abituati come se la 'morte bianca' sia normale - dice l'attore-regista -. C'è una società che non vede, non vuole vedere e in questo c'è solo grande ipocrisia". Sui vari registri del film, spiega ancora Mastandrea che aveva già dedicato al tema delle morti sul lavoro nel 2005 il suo unico corto Trevirgolaottantasette (la media delle persone che ogni giorno in Italia muoiono per un incidente sul lavoro): "In sceneggiatura, va detto, non ci siamo posti il problema dei vari registri narrativi, questi sono venuti un po' da soli come ad esempio il monologo del ragazzino che si prepara ad affrontare un'intervista". Non ci sono registi poi a cui si è ispirato, almeno consapevolmente, ma alla fine un nome lo fa: Claudio Caligari "Mi manca molto - dice - avrei tanto voluto confrontarmi con lui per questo film". Passare alla regia potrebbe essere per Mastandrea non un unico episodio: "Per me potrebbe diventare un secondo lavoro, perché no", sottolinea. Mentre lavorare con la sua compagna, Chiara Martegiani, non è stato difficile: "È stato un po' come unire le nostre vite in modo profondo, qualcosa di simile a fare un figlio, ma una volta abbiamo litigato sul set davanti a un operatore che non sapeva più dove guardare".
   

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