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E' stata la mano di Dio, l'Amarcord di Sorrentino

Paolo Sorrentino

E' stata la mano di Dio, l'Amarcord di Sorrentino

Filippo Scotti è l'alter ego in un toccante viaggio all'indietro

ROMA, 24 novembre 2021, 10:28

(di Francesco Gallo)

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Designato per l'Italia a concorrere alla selezione per l'Oscar per il miglior film internazionale (prossima tappa: entrare nella shortlist il 21 dicembre), con grandi speranze, scongiuri facendo per nomination in altre categorie, finalista agli Oscar europei, gli Efa a Berlino l'11 dicembre, esce in sala E' stata la mano di Dio, il nuovo film di Paolo Sorrentino che ha vinto ha Venezia 78 il Gran premio della giuria e il premio Mastroianni per il suo protagonista Filippo Scotti. Prodotto da Lorenzo Mieli e Paolo Sorrentino, Una produzione The Apartment, esce in sala e poi dopo tre settimane approda su Netflix il 15 dicembre 2021.
    E' stata la mano di Dio non e' solo un film intimo ma il racconto doloroso nei particolari della sua infanzia, dei suoi genitori, dei suoi parenti, della sua citta' e, apparentemente, con davvero poche licenze poetiche. Un film-autoanalisi, quasi un Amarcord sorrentiniano (anche se il nume tutelare del film ha detto di recente è Troisi e non Fellini), un omaggio alla sua Napoli e a Maradona che lo avrebbe salvato dalla morte. Nel 1987, infatti, per assistere in trasferta a una partita di calcio del Napoli e vedere in azione il Pibe de Oro, il regista all'epoca 17enne super tifoso non segue, per una volta, i genitori che come ogni weekend vanno in montagna. Nella casa di Roccaraso la coppia viene uccisa da una perdita di monossido di carbonio, lasciandolo orfano. E qui la scena piu' forte di tutto il film: la corsa di Fabietto Schisa (alias Sorrentino, interpretato da Filippo Scotti) insieme al fratello (Marlon Joubert) all'ospedale per scoprire, dopo un lungo imbarazzo dei medici, che entrambi i genitori (Toni Servillo e Teresa Saponangelo) sono morti. Prima della tragedia, la felliniana famiglia del regista da' il meglio di se' : l'amatissimo padre e' un uomo pieno di spirito ed e' sempre presente (ma, si scoprira' , ha una storica collega come amante), la madre e' una donna che ama fare gli scherzi, il fratello e' invece un aspirante attore e, infine, c'e' una sorella, Daniela, sempre chiusa in bagno. E ancora, la zia Patrizia (Luisa Ranieri) bellissima, sexy ed esibizionista, sposata con il geloso Franco (Massimiliano Gallo), l'anziana Baronessa Focale vicina di casa (Betti Pedrazzi), l'amico contrabbandiere e tanti altri personaggi. Tra realta' e finzione accade di tutto. Si parte da splendide sequenze di Napoli dal mare, c'e' un inseguimento tra finanzieri e contrabbandieri nel golfo, un San Gennaro in una Rolls Royce d'epoca, un Munaciello (spiritello leggendario del folclore napoletano) in carne e ossa, Federico Fellini (solo in voce) alle prese con dei provini, lui in vespa con entrambi i genitori sul sellino, il suo incontro con Antonio Capuano che, senza nessuna grazia, gli da' indicazioni rispetto alla sua confusa volonta' di fare il regista. In un film del tutto inedito nella produzione del regista napoletano sono di scena piu' emozioni che estetica. Il regista questa volta non guarda, ma si fa guardare. E questo senza il narcisismo morettiano, ma nella sua umanita' , senza nascondere nessuna fragilita' . Cosa animava Sorrentino giovane nel voler fare il regista? La stessa visione che aveva spinto Fellini, ovvero il fatto che "la realta' e' scadente".
   

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