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Noia, spazio vuoto che ci accompagna

Noia, spazio vuoto che ci accompagna

Marco Follini, oggi è virus che terrorizza la politica italiana

ROMA, 19 giugno 2017, 09:52

Marzia Apice

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Ci sono state epoche in passato, come nel Romanticismo, in cui il tempo aveva per così dire la sua giusta durata e il pensiero critico aveva il suo spazio senza che nessuno avesse fretta di occupare la noia facendo per forza qualcosa. Oggi invece ogni tempo 'morto' è stato messo al bando e noi siamo guidati dalla religione del 'fare' a ogni costo, in ogni momento e sempre più velocemente, con la conseguenza di un incredibile impoverimento in termini di riflessione e capacità di interpretazione della complessità.
    Ruota attorno a questi temi il bel saggio Noia, politica e noia della politica che Marco Follini ha scritto per Sellerio, un piccolo ma denso excursus sugli 'spazi vuoti' dell'inattività che la società contemporanea rifiuta. Descrivendo le infinite declinazioni della noia nella prima parte del libro, l'autore definisce questa condizione "uno sbadiglio, uno sguardo perso nel vuoto, un vagare senza meta, una luce spenta, una rinuncia a cercare, una condanna a ripetere, un trascinarsi stanco, un diluirsi nel tempo". Se appare nemica giurata delle emozioni, tuttavia la noia "ha una sua dolcezza nascosta" e dà la possibilità di riposarsi dal dolore, dall'angoscia, dalle passioni o proprio perché non la sopportiamo ci spinge all'azione e alla curiosità. Questo 'non fare' fisico (ma anche dell'anima) fa parte di noi, e nelle sue innumerevoli varianti ci dimostra che è tutt'altro che noioso.
    Ciò è ancora più vero nella letteratura, che da sempre ama raccontare la noia e la sua essenza, e per comprenderlo basta leggere Flaubert, Dostoevskij, Leopardi, Moravia e Cervantes. Se la noia appare come qualcosa in fondo di neutro, nel suo essere né negativa né positiva, i problemi arrivano - e Follini lo sa bene - nella politica, che "pratica la noia ma si ostina a negarla". In passato, quando la politica era meno esibizionista, alcune sue procedure e attività più noiose e 'liturgiche' rimanevano nascoste e si avvertiva in misura minore l'esigenza di rendere i politici e i loro discorsi sempre forzosamente interessanti. Ad accalorare il contesto politico ci pensavano le ideologie, le battaglie civili, la cittadinanza che prendeva coscienza. Anche alcuni leader tacciati di noia hanno poi dimostrato di non esserlo affatto: basti pensare, spiega l'autore, a Moro e Berlinguer, divenuti entrambi "figure emozionali" dopo la loro drammatica fine. L'Italia degli ultimi 20 anni, invece, è dominata da quelli che Follini chiama i "trionfalismi" di Berlusconi e Renzi e l'irrequietezza populista di Grillo, personaggi forti a cui si contrappone una schiera di "integrati e dignitari", più pacati e quindi più noiosi. Ma nel teatrino della politica italiana questa contrapposizione è vuota apparenza: tutti si assomigliano e, sebbene ogni politico faccia del suo attivismo la sua bandiera anti-noia, la monotonia e il sempre uguale si reiterano senza infiammare più gli animi della piazza. E' la trama della politica a essere diventata un "format" noioso, un continuo "gioco di specchi", un "virus" pronto a riprendersi la sua parte di scena. Ma del resto, conclude l'autore, "la noia si rivela come un destino a cui la politica non può fuggire. Forse appunto perché, alla noia, non sfugge nessuno di noi".
   

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