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Bret Easton Ellis, vi racconto 'Bianco'

Bret Easton Ellis, vi racconto 'Bianco'

Lo scrittore, farò un film horror diretto e scritto da me

ROMA, 18 novembre 2019, 12:07

Mauretta Capuano

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Bret Easton Ellis, 'Bianco ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Bret Easton Ellis,  'Bianco ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
Bret Easton Ellis, 'Bianco ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

BRET EASTON ELLIS, BIANCO (EINAUDI, PP 268, EURO 19,00) Un memoir, un saggio, un libro diverso da quelli a cui l'autore di American Psycho ci ha abituato, ispirato ai monologhi dei suoi podcast. Bret Easton Ellis, l'enfant terrible della letteratura, è tornato in Italia, dieci anni dopo la sua ultima visita, con 'Bianco' che esce per Einaudi nella traduzione di Giuseppe Culicchia. Strutturato in 8 capitoli, il libro parte dalla sua infanzia, dall'adolescenza tutta cinema con grandi scorpacciate di film horror, passa attraverso i successi letterari, dall'esordio con 'Meno di zero' ad American Psycho e arriva al 2018 passando attraverso i social e il nuovo Easton Ellis. Ma la maggior parte delle 268 pagine di 'Bianco' sono occupate dai film che tutti volevano fare negli anni Settanta, tanto che viene da pensare che forse lo scrittore che ha cambiato il modo di concepire la narrativa americana, volesse in realtà fare cinema. "E' vero", dice all'ANSA Bret Easton Ellis che mentre scriveva 'Meno di zero' pensava sempre "ora finisco questo e poi mi metto a fare cinema. Ma non è andata così perché nella testa avevo altri cinque o sei libri", racconta e per scriverli non ci sono voluti 10 anni come lui pensava, ma 35. Ma, adesso "finalmente farò il mio film, scritto e diretto da me. Premesso che tutto può andare storto, è l'unico progetto in cui ci sono le persone che ci credono veramente e i soldi veri. Sarà un film semplice, di genere, un horror, che parla di giovani, di mostri e di dipendenza dalla droga. Siamo in una fase di pre, pre produzione" dice Easton Ellis, 55 anni, che indossa una tuta da ginnastica nera e preferisce all'ascensore le scale a piedi. A Roma sarà protagonista, il 20 ottobre, degli Incontri Ravvicinati con Antonio Monda alla Festa del Cinema di Roma e il giorno dopo al Circolo dei Lettori di Torino per 'Aspettando il Salone'.
    Lo scrittore, che si sente "romantico" rispetto a chi fa politica, dice: "Ho sempre pensato che la politica non può risolvere i problemi della condizione umana, è molto più burocratica e pragmatica e quindi essenzialmente portata a controllare e da questo io mi sottraggo". In 'American Psycho' c'è un personaggio ossessionato da Donald Trump. "All'epoca vivevo a Manhattan, frequentavo molti giovani come me e ho constatato personalmente quanti aspirassero ad essere come Trump. Così mi è venuto in mente di metterlo nel libro, però, sia chiaro, non ho il dono della preveggenza. Mai avrei pensato che sarebbe diventato presidente degli Stati Uniti e ho l'impressione che non se ne fosse reso conto nessuno. All'inizio del romanzo cito un pezzo dei Talking Heads in cui dicono: 'Nessuno è sembrato accorgersi che tutto quanto si stava disfacendo'. E' quello che penso dei nostri anni Ottanta'" racconta lo scrittore. E precisa: "Nel mio podcast però non lo nomino mai Trump perché non voglio dividere il mio pubblico nel modo in cui è contrapposta l'opinione pubblica americana. Le due parti non fanno altro che strillarsi addosso e nessuno capisce cosa l'altro abbia da dire". "Mentre facevo i bagagli per venire in Italia c'era la conferenza stampa alla Casa Bianca perché Trump ha ricevuto il vostro presidente Sergio Mattarella e notavo con una certa curiosità come i due sembrassero andare d'accordo. E' un'immagine" sottolinea.
    Lo scrittore fa anche notare che i social media, a cui è dedicata l'ultima parte di 'Bianco', "sono per molti aspetti l'unica cosa di cui Trump dispone", ma "io a questo gioco non voglio giocare. Fino a dieci anni fa era molto divertente, una specie di club di comici, di selvaggio west in cui la gente tirava fuori battute scandalose. Adesso è diventato punitivo".
    'Bianco' alla fine "mi ha riattivato qualcosa. Mi è venuta voglia di riprendere in mano il romanzo abbandonato che cito nel libro. Mi torna continuamente in mente, mai come quest'anno.
    Allora credo sia il caso che lo scriva e lo faccio dicendo vaffanculo a un mio ragionamento sul senso del romanzo americano oggi. Scrivere un romanzo da molto più piacere che scrivere 40mila sceneggiature" afferma convinto l'enfant terrible.
   

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