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La sorprendente narrativa di Rezza

La sorprendente narrativa di Rezza

escono tre romanzi del performer della coppia Rezza-Mastrella

ROMA, 03 dicembre 2019, 11:38

Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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- ANTONIO REZZA, ''NON COGITO ERGO DIGITO - Romanzo a più pretese'' (LA NAVE DI TESEO, PP. 126 - 10,00 EURO); ''SON(N)O'' (LA NAVE DI TESEO, PP. 202 - 11,00 EURO); ''TI SQUAMO - Storia di un amore screpolato'' (LA NAVE DI TESEO, PP 106 - 10,00 EURO).
    Antonio Rezza è insieme l'eccesso e l'essenzialità, l'esubero verbale e fisico e il gioco scenico quasi zen, fatto di nulla, grazie alla collaborazione con un'artista visiva quale Flavia Mastrella, che lo hanno portato a essere un po' l'artista del momento, popolare ma che piace anche agli intellettuali, basso, provocatorio e raffinato. I due sono stati recentemente premiati col Leone d'oro alla carriera per il Teatro 2018 dalla Biennale di Venezia, ma avevano già avuto vari, tra cui nel 2013 il Premio Ubu e nel 2016 il Premio Napoli.
    La loro avventura artistica, che è andata via via arricchendosi e misurandosi con i più vari mezzi espressivi e aprendosi a diverse collaborazioni, comincia nel 1987 e da allora hanno realizzato tredici opere teatrali interpretate da Rezza, cominciando con ''Nuove parabole'' per finire con ''Anelante'' del 2015; hanno realizzato diversi programmi per Rai 3 e girato una decina di cortometraggi presentati a vari festival e rassegne e lungometraggi come ''Escoriandoli'' proiettato nel 1996 al Festival di Venezia e nel 2001 ''delitto sul Po'' al Torino Film Festival. Inoltre, mentre Mastrella espone negli anni sculture e installazioni, Rezza pubblica tre romanzi, appena ristampati e mandati in libreria da La Nave di Teseo.
    Nella proposta dei suoi numeri, dei suoi personaggi, Rezza cerca sempre il salto mortale, che ribalta davanti allo spettatore la finzione cui assiste e in cui continuamente cerca di coinvolgerlo direttamente. E usa per questo anche il linguaggio (con momenti di nonsense), ora aulico e forbito, ora triviale, come sono poetiche certe proposte e forte la sua esibizione di nudo integrale, ricordando quanto spesso enuncia all'inizio a sorpresa: ''la spensieratezza va stroncata sul nascere''. Ed è un po' questo anche lo stile, il gioco a sorpresa surreale e fantasioso, il paradosso portato alle estreme conseguenze, l'invenzione tra fisicità e sentimenti, tra parossismo e astrazione mentale della sua scrittura moderna, alta e bassa, e antica assieme, delle sue pagine narrative, dei suoi ''romanzi a più pretese''.
    Ecco allora ''Non cogito ergo digito'', girandola di umanità variopinta, di decine e decine di personaggi che si susseguono e inseguono in un'infinità di scenari e situazioni diverse e spettacolari, compresi viaggi su Giove e l'apparizione straordinaria di Caterina d'Austria, ma un vero unico protagonista, l'ineffabile e gran mattatore Carlo nel suo parossistico gioco mimetico con il lettore e a rimpiattino con una serie di amori con la A maiuscola, minuscola e pure senza alcuna a in assoluta libertà priva di logica. ''Carlo correva testa bassa sfiorando con le tempie il fresco selciato - sono le prime righe - che separava la sua condizione di parassita da inferi possibili e mai apprezzati; i capelli sfoltivano contro un vento maligno che si incuneava nella gestualità pedestre avvilendo portamento e intenti''.
    Segue ''Son(n)o'' con quel duplice significato di dormire e indagare su se stesso con ''nient'altro che la noia cui badare'' e un protagonista dal nome evocativo, Anto Rizla, che ha due passioni: ''il sonno, che è un'anomalia del pensiero, è una breve assenza di sette ore e mille sospiri, non uno di più; e il lenzuolo di sotto, che è una virtù, accoglie il corpo e vi si impregna dopo una giornata di nulla''. Con una prosa sempre surreale e paragrafi tutti di meno di una pagina si indaga il sonno come arte, per ''riuscire a dormire sulla vita che scorre'', imparando dal saggio Sonnekj il sonno assoluto o come diventare un sonnambulo, sino all'incontro e l'amore con una sonnambula.
    Infine ''Ti squamo'', storia in prima persona di un inseguire e analizzare il nutrirsi, di cibi, di sé, di libri e così via, tra descrizioni fisiche legate all'apparato masticatorio e digerente e un distacco totale da tutto ciò, alla ricerca della purezza della parola. Tra un citofono avvilito da solo comunicazioni di servizio e la ricchezza espressiva di un'enciclopedia o un vocabolario, avendo visto ''biro cadere da cavallo, rompersi l'osso della sfera e poi trascorrere il rimanente tempo su carrozzelle spinte da scrittori sterili'', si compie un percorso che porta al rigore di una sorta di anoressia senza drammi e quasi gioiosa, in un contrasto tra il vigore del concreto e un lirismo astratto, sino a un finale inevitabile e assoluto.
   

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