La somministrazione di lavoro a tempo
determinato è la forma contrattuale che garantisce il tasso di
occupabilità più alto, maggiore anche del contratto a termine
alle dirette dipendenze dell'azienda: una nuova occupazione si
concretizza entro 90 giorni per almeno due persone su tre. E'
quanto emerge dalla ricerca "Il lavoro in somministrazione
negli ultimi dieci anni" realizzata dall'Università Roma Tre e
da LabChain (Centro interuniversitario di studi avanzati su
innovazione tecnologica, blockchain e politiche del lavoro) e
presentata nel corso di un evento organizzato da Assolavoro
(l'Associazione nazionale delle Agenzie per il lavoro).
"La probabilità di rioccupazione entro 30 giorni dei
lavoratori in somministrazione è particolarmente elevata (il
55%) e quasi doppia rispetto a quella dei contratti a termine
standard", che si attesta sul 29,4%. Il dato, viene
sottolineato, è confermato anche con una analisi a distanza di
60 nonché di 90 giorni dalla scadenza contrattuale, quando la
percentuale sale al 68,9%.
"Tra le varie classi di età la probabilità di rientro dopo
un contratto in somministrazione è sempre superiore di circa
20 punti percentuali rispetto ai contratti direttamente
subordinati. Il divario è ancora maggiore (26 punti percentuali)
tra i più giovani (15-24 anni)".
Durante l'iniziativa è stato inoltre evidenziato come dopo la
fase acuta della pandemia la curva dei lavoratori in
somministrazione sia progressivamente risalita e abbia
raggiunto e poi superato il numero di occupati pre-Covid. La
media mensile di lavoratori tramite Agenzia, infatti, a luglio
2021 ha superato per la prima volta quota 500mila. Oltre 100mila
lavoratori in somministrazione sono assunti a tempo
indeterminato.
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