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Migranti, dalla Siria all'Ungheria sguardi di paura e di speranza

Tra profughi in marcia, che pregano e non smettono di sorridere

Non si ferma l'odissea delle migliaia di profughi e migranti che battono la 'rotta dei Balcani' e che sono in marcia perenne verso la prospera Europa. Non si arresta neanche davanti alla barriera metallica e di filo spinato che il governo conservatore di Viktor Orban sta ultimando di erigere nel sud dell'Ungheria, lungo tutti i 175 km della frontiera con la Serbia. A dimostrarlo sono le migliaia di nuovi arrivi che si registrano quotidianamente in territorio magiaro, ben tremila nelle ultime 24 ore, fra i quali 700 bambini. La stragrande maggioranza sono siriani, afghani e iracheni in fuga dalle guerre che sconvolgono i loro Paesi, ma vi sono anche tanti pachistani, palestinesi e africani. Un flusso che appare inarrestabile e che sembra quasi deridere le autorità di Budapest e la loro decisione sul muro 'difensivo' dall'invasione di migranti.

Al confine in territorio serbo vengono condotti in autobus, e poi a piedi tentano di passare in Ungheria, in tanti ci riescono. Dall'Ungheria la quasi totalità dei profughi intende recarsi in Paesi del nord Europa, in particolare Germania, Olanda, Svezia, Norvegia, nella speranza di un lavoro e di una vita più dignitosa. A Roeszke, a ridosso della frontiera con la Serbia, dove esiste un importante centro di prima accoglienza, oggi l'Esercito era impegnato nell'allestimento di decine di nuove tende destinate a ospitare i nuovi arrivati. La massiccia presenza di pattuglie di polizia impedisce ai giornalisti di avvicinarsi alla rete di recinzione, da dove si scorge chiaramente una lunga fila di migranti in attesa di espletare le modalità di registrazione. In tanti però si rifiutano di farlo, non volendo restare in Ungheria, e nei giorni scorsi ciò ha generato scontri con la polizia. A una giovane donna siriana velata di nero, giunta in auto dalla Germania, non viene consentito di entrare nel centro di accoglienza e incontrare i suoi tre figli arrivati dalla Serbia.

Sulla strada per Asotthalom e Morahalom, località anch'esse a pochi km dalla frontiera serba, si incontrano a più riprese gruppi di profughi appena giunti in Ungheria, in marcia a piedi sotto il sole cocente e scortati da auto della polizia magiara verso i commissariati della zona. Tante le donne e i bambini, anche molto piccoli. In un prato a un incrocio stradale un centinaio di migranti attendono seduti sull'erba e sotto lo sguardo vigile di poliziotti ungheresi l'arrivo di autobus che li condurranno a Roeszke e in altri centri di accoglienza della zona. Ai giornalisti è proibito avvicinarli. "Mi chiamo Sobe, sono afghano e sono arrivato oggi dalla Serbia, a piedi", ci dice con un largo sorriso un giovane poco più che ventenne, con il quale riusciamo a scambiare qualche parola in inglese eludendo il controllo degli agenti. "L'Afghanistan è pericoloso, c'è la guerra, la vita normale è impossibile.

Per questo da solo ho deciso di andar via. Voglio recarmi in Germania per proseguire i miei studi", aggiunge Sobe, che subito dopo sistema sull'erba un telo di plastica e si mette a pregare rivolto verso la Mecca. "Picture no, picture no, please", ci ripete agitando le braccia. Poco dopo ci imbattiamo in un altro gruppo di migranti, una decina, anch'essi a piedi sul bordo della strada e accompagnati da un'auto della polizia. Sono stati intercettati da poco, subito dopo aver passato la frontiera. "Mi chiamo Meisa, ho 21 anni e sono di Aleppo. Lì non possiamo più vivere sotto le bombe", ci dice dal finestrino dell'auto una ragazza bruna che ha ancora la forza di sorridere e scherzare. "Ho un cugino in Germania e intendo raggiungerlo".

Ad accompagnarla altri giovani siriani e pachistani, con essi alcuni bambini, tutti incredibilmente sorridenti e cortesi. Ma a sostenere che il 'muro difensivo' non basta è lo stesso sindaco di Asotthalom, Laszlo Toroczkai, un giovane politico aderente a Jobbik, il partito dell'estrema destra nazionalista e xenofoba, seconda forza politica in Ungheria. Era stato lui per primo nel suo Paese a pronunciare la parola 'muro' per far fronte al crescente flusso di migranti. Ora rincara la dose. "Il muro da solo non è la soluzione, non è sufficiente, c'è bisogno di una forza speciale e di una polizia di frontiera più efficiente", ci dice davanti al municipio di Asotthalom, che conta 4 mila abitanti, 2 mila dei quali vivono in campagna. "I profughi e i migranti qui non sono ben visti. Non rispettano i cittadini. Rubano e fanno danni nelle fattorie, rovinano la nostra agricoltura. Per noi sono un grosso problema, anche da un punto di vista della sicurezza e criminalità". Poco più in là vediamo un altro gruppo di profughi in marcia a piedi sul bordo della strada. E il sindaco li guarda con aria preoccupata...

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