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E' morto anche l'amico di Megalizzi a Strasburgo

Salgono a 5 le vittime del killer del mercatino di Natale

La salma di Antonio Megalizzi, il giornalista trentino ucciso nell'attentato di Strasburgo, arriverà oggi a Roma. Lo si apprende da fonti informate.

Li aveva legati una passione comune, raccontare alla radio l'Europa, e li ha legati per sempre il destino. Anche Bartek, l'amico e collega di Antonio Megalizzi che era con lui quella tragica sera al mercatino di Natale di Strasburgo, è morto. Anche lui colpito dai colpi impazziti di Chekatt e anche lui rimasto per giorni tra la vita e la morte. La notizia, rimbalzata domenica sera, porta a cinque vittime il tragico bilancio della strage. E aggiunge dolore a dolore. Antonio e Barto Pedro Orent-Niedzielski, semplicemente Bartek per gli amici, erano andati con Clara Rita Stevanato e Caterina Moser, le due studentesse venete universitarie a Parigi, al mercatino dopo una giornata di lavori all'europarlamento. Si trovavano sotto al ponte del Corbeau quando il killer ha iniziato a sparare sulla folla. Le due giovani donne sono riuscite a scappare. Per Antonio a Bartek, di origini franco-polacche, non c'e' stato scampo: entrambi colpiti alla testa in modo molto grave hanno lottato per giorni in ospedale.

Antonio a Strasburgo aveva trovato alloggio proprio a casa di Barto. Nei giorni scorsi, ricordando Megalizzi, gli amici avevano parlato anche di lui: "Ricorderò tutto, anche le nostre chiacchierate con Bartek e i suoi folli tour culturali per Strasburgo che prendevamo in giro ma in fondo amavamo", scriveva qualcuno in una lettera all'amico scomparso. Barto Pedro Orent-Niedzielski, 35 anni, era rimasto fino ad oggi in coma profondo. Non si era mai più svegliato da martedì sera quanto Cherif Chekatt gli aveva puntato la pistola in fronte e aveva fatto fuoco. "Il suo cuore si è fermato dopo cinque giorni di coma profondo" ha raccontato una persona che ha parlato con la mamma di Bartek, Dorota Odent, a Le Monde. La donna e il fratello di Bartek avevano deciso di non staccare le macchine che lo mantenevano in vita in modo di permettere a tutti gli amici di andarlo a salutare all'ospedale di Hautepierre, lo stesso dove era ricoverato anche l'amico trentino a Strasburgo. E una fila lunghissima, ininterrotta, di amici si è formata per andare a dirgli addio, riferiscono diversi testimoni, prima della drammatica decisione di staccare la spina. Bartek era di Strasburgo, impegnato e attivo in molte cause tra cui quella Lgbt, per la cultura Yiddish e per le radio libere. Ma per tutti, lui che parlava molte lingue e voleva aprire un ostello linguistico nella città francese, era "cittadino del mondo".

 


   

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