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Jobs act, è braccio di ferro nel Pd, ma Bersani assicura: "Voto leale"

Bersani: su voto finale non mancherà lealtà. Dico che non sono d'accordo ma neofiti non mi spieghino la ditta

E' braccio di ferro ormai trasversale - nel Pd e non solo - sull'articolo 18. Il governo valuta se presentare un emendamento al Jobs act, in discussione al Senato, per raccogliere i punti del documento approvato dalla direzione del Pd. Ma la questione dell'articolo 18 (in particolare il mantenimento del reintegro, oltre che, come assodato, per i licenziamenti discriminatori anche per quelli disciplinari, in determinate fattispecie) apre un nuovo fronte, nella maggioranza e con l'opposizione: Ncd da un lato e Forza Italia dall'altro avvertono che non ci sarà il proprio sostegno di fronte ad una 'retromarcia' sul superamento dell'articolo 18. Mentre nel Pd la rottura delle minoranze non è superata, la mediazione è aperta, e la conta dei senatori rischia di arrivare all'ultimo voto. Ma la situazione sembra anche di impasse. Al voto finale "certamente non mancherà la lealtà verso il partito e il governo", afferma l'ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, che aggiunge di aspettarsi "che il governo presenti l'emendamento" alla delega sul lavoro e "poi, a seconda del testo, si presenteranno dei subemendamenti". Le votazioni nell'Aula di Palazzo Madama partiranno la prossima settimana (sono attese da mercoledì 8, il giorno del vertice Ue sull'occupazione a Milano per il quale il premier Matteo Renzi ha auspicato l'ok); la discussione generale riprenderà infatti martedì prossimo.

Sull'ipotesi di ricorrere alla fiducia, il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, dice che per ora non c'è ma "dipenderà dai lavori", dai tempi. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, risponde sperando che la discussione proceda "serena". Mentre sulla probabilità di procedere per decreto legge, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dice che al momento è "molto bassa" e ci sarà solo se la situazione si "impantana". Nel governo si ragiona se e come "specificare" i casi di licenziamento disciplinare per i quali mantenere il reintegro previsto dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: "Se ci sono fatti gravissimi perché insussistenti è una questione di civiltà giuridica garantirlo", sottolinea Bellanova. Nell'odg sul Jobs act approvato lunedì dalla direzione Pd si afferma, infatti, che "il diritto al reintegro viene mantenuto per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare, previa - appunto - qualificazione specifica della fattispecie". Per i licenziamenti economici, invece, si chiede "un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità, abolendo la possibilità del reintegro". Se ci sarà un emendamento del governo, "stiamo ancora ragionando", dice Poletti. "Si sta valutando col resto del governo se presentare un emendamento o un ordine del giorno", aggiunge Bellanova. Ma l'ipotesi dell'ordine del giorno - che subito accende la replica di Federico Fornaro, senatore della minoranza del Pd tra i firmatari dei sette emendamenti alla delega ("è insufficiente. Già la delega è generica, così sarebbe troppo") - sembra perdere quota.

"Il ministro Poletti sta valutando se presentare un emendamento o ritenere sufficiente il testo della delega e tradurre l'accordo politico nei decreti delegati", afferma infatti più tardi il ministro per le Riforme ed i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi. Il punto sui licenziamenti disciplinari non ha accontentato tutti ma scontentato molti, a partire da una componente importante della maggioranza come Ncd. "Se ci saranno i Damiano, i sindacati e così via, Ncd ovviamente non ci starà", avverte il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio Lupi, che è chiaro: "Ncd non arretrerà sull'articolo 18 e sulla riforma del lavoro", non accetterà "mediazioni al ribasso". Sempre dalla maggioranza, il senatore di Pi, Mario Mauro, fa intanto sapere di "riconoscere il testo approvato dalla Commissione. Se il governo presenta un emendamento con il reintegro per il disciplinare, mi riprendo la mia libertà. Se lo votino da soli". Dal fronte opposto, il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, ugualmente avverte: "Noi avevamo detto ok a Renzi rispetto alle sue affermazioni di superamento dell'articolo 18", con la previsione del solo indennizzo, ma "se Renzi, per tenere insieme il suo partito, fa marcia indietro noi non potremo fare altro che votare contro e denunciare questo imbroglio". Ora, prosegue, "il problema è di Ncd" e, se "cambia completamente il quadro", "Sacconi che è anche relatore del ddl delega non potrà che dimettersi". Resta, poi, il muro dei sindacati. L'articolo 18 è tra quei "simboli che non invecchiano mai", dice il leader della Cgil, Susanna Camusso. "Renzi mi ha abituato a distinguere velocemente tra ciò che dice e ciò che fa: voglio vedere cosa fa", afferma il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, ribadendo la disponibilità ad uno sciopero generale. Mentre dalla Cisl, il segretario generale aggiunto Annamaria Furlan dice: "Noi stiamo in mezzo alla gente in ogni città". Per il 18 ottobre è confermata la mobilitazione a livello territoriale della Cisl, per il 25 la manifestazione nazionale della Cgil.

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