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Banville, il sequel di Henry James e la natura del male

A Pordenonelegge con Isabel, seguito di Ritratto di signora

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PORDENONE - Riscattare Isabel Archer, liberarla. John Banville voleva questo nel suo imprevisto sequel di 'Ritratto di Signora' di Henry James. Ma, alla fine, "non ho potuto farlo" dice lo scrittore, Booker Prize nel 2005, a Pordenonelegge con il suo nuovo romanzo 'Isabel', pubblicato da Guanda nella traduzione di Irene Abigail Piccinini. "'Ritratto di Signora' è un romanzo terribile. Si ha questa immagine di Henry James come di un romanziere gentile, che scrive con uno stile elaborato, ma non è assolutamente così. Era ben altro. Sapeva bene come fosse la vita, conosceva profondamente il male. Quel male che consiste nel fatto che le persone sono usate dagli altri e non possono vivere la loro propria vita" spiega Banville, elegante e ironico autore di romanzi letterari e gialli. Henry James "sapeva anche benissimo - continua - cosa significa essere posseduti, nel senso di imprigionati dallo spirito di altri. E Isabel è una donna che è stata posseduta, le è stata negata la sua vita. Io avevo l'illusione di poterla liberare, di darle un finale felice nel nuovo mondo. La verità è che sia 'Ritratto di Signora' che 'Isabel' sono due romanzi sulla natura del male". Vincitore, oltre che del Booker Prize, del premio internazionale Nonino nel 2003 e del premio Principe delle Asturie per la Letteratura nel 2014, Banville racconta che scrivere il seguito del famoso romanzo di James - portato sul grande schermo da Jane Campion, con Nicole Kidman e John Malkovich - "è stato un atto di presunzione imperdonabile" ma si è "divertito tantissimo". "L'ho scritto - dice - in uno stato di consapevolezza sospesa. Come se fossi sotto ipnosi. A volte guardavo la mia mano scrivere da sola". Se si facesse un film da 'Isabel', spiega lo scrittore, "Nicole Kidman, che mi piace come attrice, non sarebbe più plausibile nel ruolo della protagonista perché, anche se lei cerca di far finta di esserlo, una trentenne non lo è più". E poi ricorda quando incontrò, anni fa, "la Kidman con Tom Cruise per un film, 'Intervista col vampiro'", diretto dal suo amico Neil Jordan. "La cosa più bella di tutte è stato vedere come facessero finta di essere una coppia. In realtà si capiva che non si piacevano per niente". Nel nuovo romanzo alla Henry James, Banville ci mostra Isabel consapevole delle ragioni orribili per cui Gilbert Osmond l'ha sposata. E' ancora giovane, ha 30 anni, è tornata in Italia ed è andata andata a portare l'ultimo saluto all'amato cugino Ralph Touchett, a Gardencourt. "'Ritratto di Signora' termina con Isabel in uno stato di profonda confusione, sofferenza, umiliazione e allora io l'ho fatta ritornare in Italia, non perché si vendicasse ma per mettere le cose a posto e far sì che potesse affermare se stessa. E lo fa. Trova un modo per gestire suo marito e i rapporti con Madame Merle che è quella che le ha fatto più male di tutti. Volevo concludere il sequel facendo incontrare ad Isabel un uomo buono, femminista, con cui potesse tornare negli Stati Uniti felicemente, ma mi sono reso conto alla fine che non era possibile perché la vita non è così. C'è di nuovo una fine ambigua" racconta. "E spero che "alla fine ci sia di nuovo qualcuno che scriverà il sequel del sequel. Mi auguro sia una donna". Per Banville, in realtà, "non operiamo alcuna scelta nella nostra vita e quando la guardiamo in retrospettiva ci illudiamo di aver scelto e aver preso decisioni. Andiamo alla deriva, non scegliamo niente, è una nostra immaginazione. E' come se fossimo barchette di carta" sottolinea lo scrittore, convinto che "uomini e donne leggeranno questo romanzo in un modo totalmente differente. Non so come sia in Italia. Nel mondo di lingua inglese sono le donne che fanno sopravvivere la fiction". Lo scrittore non si è posto neppure problemi sull'attualità del suo romanzo: "I fenomeni sociali vanno e vengono. Il cuore delle cose è rimasto sempre lo stesso da Adamo ed Eva. L'artista fa arte indipendentemente dal tempo e dal momento in cui scrive. Se guardiamo ai grandi romanzi del XIX secolo erano tutti storici".

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