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Politica

Sergio Mattarella

Un presidente a cui non piace la 'politica gridata'

Un presidente a cui non piace la "politica gridata", l'inutile "aumento del volume di decibel" per far passare le proprie ragioni. Uomo senza macchie, democristiano vero e figlio d'arte di uno dei fondatori della balena bianca. Ma di sinistra. Silenzioso, poco ciarliero, a volte tagliente; misuratissimo con le parole, le vocalizza in sussurro che costringe gli interlocutori ad avvicinarsi. Motivo' in Tv le sue esplosive dimissioni contro la legge Mammi' ma sembrava che uscisse dal Governo per farsi una bella passeggiata: "Naturalmente voteremo la fiducia - disse nel 1990 lasciando il Governo Andreotti (vice-premier era Claudio Martelli - ma questo non significa che non abbiamo fatto bene a dimetterci dal governo. C'e' una direttiva comunitaria e - aggiunse impassibile mentre spiegava il suo dissenso a una norma che fu definita "salva-Fininvest - abbiamo ritenuto inammissibile porre la fiducia su una norma che di fatto entra in contrasto con una decisione comunitaria. Sarebbe stato singolare non dimettersi''.

Buona parte della sua storia si svolge a Roma dove per impegni di governo del padre si trasferisce e compie tutti gli studi fino alla laurea in Giurisprudenza. Torna a Palermo per amore perche' sposa Marisa, sorella di Irma gia' moglie di Piersanti, e qui si stabilisce ("Abbiamo una piccola casa in affitto a Roma citta' nella quale peraltro abitano i miei tre figli Bernardo, Laura e Francesco", disse in una intervista di qualche anno fa). Milita nella corrente di Aldo Moro, entra in Parlamento la prima volta nel 1983. Quattro anni dopo, il balzo nel governo alla guida del ministero dei Rapporti con il Parlamento, prima nell'esecutivo De Mita poi in quello Goria Avvocato e professore di diritto parlamentare, Mattarella appartiene ad una famiglia di solida tradizione democristiana: il padre, Bernardo, e' stato piu' volte ministro nella Prima Repubblica; suo fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, e' stato ucciso dalla mafia nel 1980. Da quel dramma trovo' la voglia di far veramente politica e non dimentico' mai di tenere alta la guardia contro le cosche.

Agli esordi De Mita lo spedi' in Sicilia a bonificare la Dc di Lima. Le radici democristiane sono profonde e radicate, dall'Azione Cattolica attraverso la Dc, dal Partito Popolare di cui e' stato uno dei principali rappresentanti, fino alla Margherita. Sarà il primo presidente siciliano, il piu' "meridionale" a guidare il Quirinale. Che peraltro da tempo vede tutti i giorni lavorando di fronte, alla Consulta, e vivendo a pochi passi nella foresteria della Corte costituzionale. Parlamentare dal 1983 al 2008, Mattarella ha anche una buona esperienza di Governo: ministro per i Rapporti con il Parlamento nel governo De Mita, della Difesa, e vicepremier, nel governo D'Alema (sotto la sua gestione fu abolita la "naja", il servizio militare obbligatorio). Conosciuto fuori dalla politica soprattutto per la spinta che diede alla nascita del primo sistema elettorale maggioritario (ribattezzato, appunto, "Mattarellum"). Fu relatore delle leggi di riforma del sistema elettorale della Camera e del Senato che, recependo l'esito del referendum del 1993, introducevano una preponderante componente maggioritaria. La legge Mattarella fu impiegata per le elezioni politiche del 1994, del 1996 e del 2001.

La sua anima di "sinistra" non ebbe mai tentennamenti e solo Rocco Buttiglione riusci' a fargli alzare di un niente i toni dell'eloquio facendo intravedere una vena umoristica. Nel 1995, al culmine dello scontro interno al PPI, defini' il segretario Buttiglione, che ostinatamente cercava l'alleanza con la destra berlusconiana, "el general golpista Roquito Butillone". Poi, subito piu' serio, diede corpo alle sue convinzioni piu' radicate definendo "un incubo irrazionale" la sola ipotesi che Forza Italia potesse essere accolta nel Partito Popolare Europeo. Ma con Berlusconi non ci furono mai rapporti diretti e Mattarella espresse le sue posizioni in tempi non sospetti quando spiego' che "non era possibile che chi ha tre reti televisive scenda in politica".

Arrivando poi nel 1995, in pieno "berlusconismo", a forzare la sua prudenza cosi': "Dopo il gran premio di Imola, la finale di coppa Uefa, tutte le occasioni e tutte le telecamere sono buone per la Fininvest per scatenare la sua offensiva sui referendum, naturalmente aggirando o forzando le norme che regolano le campagne elettorali. La spregiudicatezza con cui si muovono gli uomini Fininvest - disse senza peli sulla lingua - e' la prova lampante di quali siano gli interessi realmente in gioco''. Non ha grande esperienza di politica estera ma seppe farsi conoscere a Washington quando, da ministro della Difesa, sostenne con convinzione la delicata partecipazione dell'Italia all'operazione Allied Force, con la quale la NATO era intervenuta nella guerra del Kosovo. In quel periodo si varo' una riforma molto attesa dagli italiani: l'abolizione del servizio di leva obbligatorio.

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