Un giorno lontano qualcuno racconterà
una storia iniziando con "c'era una volta Vasco..." ma non è
detto che gli crederanno. Potrà mostrare i video, tentare di
spiegare il suo mondo di eccessi e poesia, ma le sue parole
migliori non riusciranno a rendere l'energia del concerto. Chi
era allo stadio San Siro per la prima delle sei date milanesi
del "Vasco Non Stop Live 2019" condivide un segreto con migliaia
di fedeli del rock, pellegrini arrivati da tutta Italia per
urlare col Komandante. Lui inizia puntuale, appare sul
gigantesco palco in una nuvola di fumo e luci alla Blade Runner,
arriva da un altro tempo. 'Qui si fa la storia' è il titolo
della prima traccia e la promessa per le successive due ore e
mezza. Per i primi minuti sembra di precipitare da un palazzo
alto 11 piani, come il palco, Vasco spara in sequenza 'Mi si
escludeva', 'Buoni o cattivi', 'La verità'. Con 'Quante volte'
si riprende fiato ma dura un attimo, ci pensano 'Cosa succede in
città' e 'Cosa vuoi da me' a far tremare i polsi. Vasco non è un
reduce del rock, detta ancora la linea. "Io sto male e te lo
voglio urlare" grida in 'Vivere o niente', poi ruggisce nel
microfono e sui maxischermo arriva il fuoco a sottolineare
'Fegato spappolato'. 'Asilo Republic' e 'La fine del millennio'
scivolano veloci seguendo il tono punk-rock assicurato in
conferenza stampa. In un attimo si è al primo interludio, il
pubblico da sold out (58mila persone) accoglie la voce di
Beatrice Antolini (una polistrumentista che in postazione ha più
braccia della dea Kali) e il lungo assolo di chitarra di Steve
Burns che dialoga con le tastiere di Alberto Rocchetti. Si
ricomincia con 'Portatemi Dio' e gli 'Spari sopra', il light
designer Giovani Pinna sceglie il rosso per sottolineare il
momento, mentre la regia di Pepsy Romanoff accompagna il Blasco
con una narrazione per immagini che non supera mai (per fortuna)
le sue parole. "Io no, non ti lascerò mai" canta rivolto al suo
pubblico e al momento di 'Rewind' scoppiano reggiseni come i
fuochi d'artificio della chiusura. Qualcuno arriva sul palco,
Vasco ne afferra uno, lo bacia e lo rilancia indietro
ringraziando. 'Vivere' è una preghiera, Vasco si appoggia
all'asta come in raccoglimento, è il suo inginocchiatoio. Il
silenzio è interrotto solo dalla voce del venditore sugli
spalti: "2 euro acqua". 'La nostra relazione', 'Tango (della
gelosia)', 'Senza parole' gonfiano i cuori. 'Sally' li scioglie
tutti. Con 'Siamo solo noi' appare sullo schermo un Vasco in
versione 'Quarto stato del rock', lui in testa a guidare la sua
gente come nel capolavoro di Pellizza da Volpedo. 'Canzone' si
fonde con una 'Vita spericolata' piano e voce quasi sussurrata
dopo il pugno allo stomaco dei decibel pompati da Frank Nemola
(fiati), Andrea Torresani (basso), l'americano Matt Laug
(batteria), Vince Pastano (chitarra e arrangiamenti) e il mitico
Claudio 'Gallo' Golinelli (basso guest-star). "In bocca al lupo
a tutti, ce la farete tutti" è la benedizione di Vasco ai fan e
poi saluta chi si è goduto lo spettacolo dall'alto: Massimo
Riva, suo amico e chitarrista scomparso proprio 20 anni. "Ciao
Massimo, sei sempre con noi". Chiude 'Albachiara' e stavolta
perfino i venditori egiziani si fermano per cantare. Non c'è
bis, non occorre, nessuno si lamenta. Vasco non ha dimenticato
nulla.
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