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Giorno ricordo, studenti raccontano

Giorno ricordo, studenti raccontano

40 giovani in viaggio nei luoghi dell'esodo giuliano-dalmata

AOSTA, 16 febbraio 2018, 11:14

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario": questo il significato, suggerito da Primo Levi, del viaggio di studio che quaranta studenti valdostani di diversi istituti superiori hanno effettuato dall'8 al 10 febbraio a Trieste e a Gorizia, in occasione del Giorno del Ricordo, sul tema dei massacri delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata. L'iniziativa è stata promossa dal Consiglio Valle, dalla Presidenza della Regione e dall'Assessorato regionale dell'istruzione e cultura. Una parte della visita si è concentrata sulla conoscenza degli eventi legati alle due guerre mondiali.

"Durante questi giorni ciò che ci ha colpito maggiormente è stato pensare a quante persone siano morte, indipendentemente da età, sesso e provenienza. Inoltre, è incredibile pensare che anche i nostri parenti più vicini hanno vissuto e assistito alle tragedie delle due Guerre Mondiali. Grazie a questa esperienza abbiamo osservato quello che generalmente si studia sui libri, in particolar modo approfondendo l'argomento delle foibe che è stato tenuto nascosto per molto tempo agli occhi della gente, obbligando coloro che erano a conoscenza a mantenere il silenzio", ricordano Valentina Morrone e Veronica Torchia della 5a ITPR Corrado Gex.

"Tutto quello che ho visto mi ha lasciato qualcosa che mi porterò con me. Alla Risiera di San Sabba, quando ho visto le microcelle in cui erano rinchiuse 5/6 persone per lunghi periodi senza luce, ho capito come anche un lumino è speranza e non esiste solo la sofferenza fisica, come si sente spesso dire, ma anche quella psicologica. La storia non deve essere trasmessa attraverso le sole date storiche di riferimento e come una sequenza di vicissitudini una di seguito all'altra, ma anche inserendoci le emozioni e facendo riflettere sugli avvenimenti, ad esempio attraverso l'esperienza che ci è stata fornita", scrive Elisa Ciocchetti della 5a ITPR Corrado Gex.

 "È strano come, nonostante le testimonianze che si hanno a disposizione, con il passare degli anni si sia sempre cercato di negare anzi di revisionare ciò che è accaduto", aggiunge Maria Guerrisi (5a ITPR Corrado Gex).

"La parte umana di questo viaggio è stato ciò che ho apprezzato di più; a partire dalla guida, Susanna, che ha saputo trasmetterci concetti e informazioni che evidentemente aveva a cuore. È sempre prezioso poter usufruire di questi progetti unici che ci aprono gli occhi su spezzoni della storia italiana nella guerra che i libri di storia non trattano con il dovuto riguardo. Tra tutti Romano, un'altra guida, mi ha colpito con la sua spontaneità e la sua simpatia, coinvolgendomi emotivamente nel dramma dell'esodo istriano e delle foibe. Tengo a citare le parole di Romano che col cuore in mano ci ha detto: "Io non sono fascista, non sono comunista, sono Italiano". Credo che in questo periodo di spersonalizzazione e di perdita dell'identità nazionale queste siano parole iperboliche che rendono evidente un sentimento di rabbia e tristezza di chi vorrebbe essere riconosciuto Italiano e non ne ha la possibilità", racconta Alessandro Collura (5a Liceo scientifico Bérard).

"È stato un viaggio intenso e ricco non solo per quanto riguarda le informazioni sulla storia, ma anche per quanto riguarda le emozioni. Penso che sia stato un arricchimento culturale e personale e sono stata molto contenta di aver avuto questa possibilità", scrive Carlotta Mion (5a ITPR Corrado Gex). Per Niccolo Cantele (5a Liceo scientifico Bérard) "È stata un'esperienza formativa molto utile per approfondire la storia contemporanea del nostro Paese e, come sappiamo, dalla storia non si finisce mai di imparare".

"Oltre agli approfondimenti sulle due guerre, abbiamo avuto la possibilità di scoprire la città di Trieste sotto vari aspetti storici e culturali, conoscere di più sul fenomeno dell'Esodo degli istriani in Italia e sulla loro condizione ieri e oggi e infine sui terribili massacri delle Foibe. Questa esperienza mi ha colpito profondamente e mi ha dato strumenti in più per capire questi disastrosi avvenimenti e quindi sono estremamente grata per l'opportunità che ho avuto", dice Noemi Di Giacomo (5a ITPR Corrado Gex).

"È passato un secolo ormai dalla fine della Grande Guerra o per meglio dire dalla fine di quell'inutile strage, però, grazie alle testimonianze a cui ho potuto assistere e ai reperti che ho potuto vedere, sono riuscito, con un po' di immaginazione, a ricostruire nella mia mente gli scenari atroci di quella guerra e devo dire che ho provato davvero angoscia. La guerra in trincea fu proprio un'esperienza di terrore tremenda per quei poveri diciottenni che vennero mandati in guerra per andare letteralmente al macello. Il conflitto mondiale non vide né vinti né vincitori ma vide un'intera generazione di giovani sterminata, fu proprio un genocidio di giovani. L'aspettativa di vita in trincea non superava qualche mese e i giovani soldati non erano preparati né attrezzati per vivere un incubo così lungo e cosi macabro. Io mi chiedo il perché di tutto ciò. È giusto che questi giovani abbiano passato gli anni migliori della loro vita tra le armi? È servito a qualcosa infrangere i loro sogni?", testimonia Marco Sforzini (5a ITPR Corrado Gex).

"L'esperienza vissuta in questi tre giorni è stata una vera e propria opportunità di scoprire e riscoprire la storia di un territorio, di una regione, raccontataci in prima persona. È stato particolarmente forte il coinvolgimento emotivo, grazie alle parole cariche di sentimento e talvolta di dolore di coloro che hanno vissuto personalmente queste storie. Testimonianze che sono state fondamentali per noi per "ricordare", verbo da intendere nel suo significato proprio: tenere nel cuore una parte di storia così vicina, eppure apparentemente lontana", secondo Erica Pompignan (5a Liceo scientifico Bérard).

"È stato per me toccante, sorprendente e anche terrificante pensare al processo di disumanizzazione avvenuto in alcuni luoghi come la Risiera di San Sabba, che mi ha particolarmente colpita. Non dimenticare per non ripetere è l'obbligo morale che mi sono imposta ancora una volta di fronte a ciò che ho visto e riscoperto. Sono felice di aver avuto la possibilità di vivere questa esperienza rivivendo una parte del passato e crescendo allo stesso tempo", riferisce Asja Amail (5a Liceo scientifico Bérard).

"Come dice Calvino, di una città quel che conta è la risposta che essa riesce a dare a una tua domanda. Camminando in riva al mare, di cui si sentiva appena l'odore, mi chiedevo se Trieste, così come Gorizia e tutti i luoghi che abbiamo avuto l'opportunità di visitare, mi avessero dato effettivamente qualcosa di più, e cosa quel qualcosa potesse essere. L'ho capito dopo la visita all'ex campo profughi di Padriciano, o meglio, l'ho capito osservando il volto, gli occhi, le mani e i gesti del signore che ci ha accolti, Romano. Proprio grazie a lui, ho capito cosa significhi essere italiana. Non mi è mai stato semplice identificarmi in modo così profondo con il mio paese, forse per la mia appartenenza a due culture totalmente diverse, forse anche per un problema che credo sia sentito da molti miei coetanei. Siamo italiani, ma non senza difficoltà riusciamo a immaginare che si possa lottare così ostinatamente per la propria patria e la propria identità. È quel senso di appartenenza a una collettività, a un Noi unico e diverso da tutti gli altri, che ci manca, ormai sempre più incentrati solo e unicamente su noi stessi e identificabili con qualsiasi e nessuna cultura. L'Italia forse è per noi nient'altro che un caso, nient'altro che un luogo geografico in cui siamo posizionati come pedine, ma che potrebbe tranquillamente essere un altro, e probabilmente nulla cambierebbe. Eppure uomini come lui, trasudano tutta la sofferenza di una persona che non può, paradossalmente, essere identificata nella propria identità. Uomini come lui insegnano che essere italiani va al di là di ogni ideologia, e che il senso di definirsi italiani risiede in quel Noi. Allo stesso modo, visitando la Risiera di San Sabba, la Foiba di Basovizza e il Sacrario di Redipuglia abbiamo potuto vedere con i nostri occhi i luoghi dove migliaia di persone hanno perso la vita per la nostra Italia. Di questi posti, ciò che più colpisce è il silenzio assordante che essi emanano. È come se tutti i caduti in guerra, tutte le vittime, si facessero sentire attraverso questo silenzio, e con voce gelida gridassero a noi giovani un ammonimento, di continuare la lotta per cui loro oggi non ci sono più, la lotta per un'Italia sempre migliore. Tornando a Calvino, la mia risposta, credo di averla trovata in queste città così piene di storia. Non sono solamente italiana per caso, io voglio essere italiana", scrive Daniela Ismail (5a Liceo linguistico Bérard).

"È stata un'esperienza interessante dal punto di vista culturale, che ci ha fatto riflettere molto, soprattutto sulla lunga storia di sofferenza delle popolazioni istriano-dalmate a lungo inconsiderate dalla storia dello Stato italiano. Ci siamo ritrovati perciò a conoscere in maniera approfondita e toccante queste vicende di ingiustizia e oppressione che per troppo tempo non hanno avuto lo spazio che meritavano nei libri di storia, con cui noi studenti dobbiamo avere a che fare ogni giorno", dice Henri Vacquin (5a ISILTeP di Verrès).

"È stata un'esperienza a 360 gradi: abbiamo avuto la possibilità di fare chiarezza su fatti che hanno cambiato radicalmente la storia del Paese in cui viviamo sotto ogni punto di vista - politico, culturale e socio-economico -, e soprattutto di poter vedere in prima persona i luoghi che sono stati teatro di questi drammatici eventi. Le testimonianze e le spiegazioni fornite da coloro che ne sono stati coinvolti in prima persona ci hanno permesso di poter comprendere appieno le vicissitudini che li hanno colpiti, le sofferenze che hanno provato e le condizioni deprecabili in cui sono stati costretti a vivere", racconta Serena Torreano (5a Liceo delle scienze umane economico-sociale di Verrès).

"La storia è il prezzo che abbiamo pagato per ignorare i disonori dell'uomo?", per Omar Dialley, Arnaud Perruquet, Jiang Yu, Jol Brunet (5a IPIA Don Bosco di Chatillon). "L'augurio è di riuscire a tramandare queste conoscenze in modo che ottengano la giusta luce e possano servire come esempio da non seguire mai più. Si parla di esseri umani ed è ignobile la loro storia ma ancor di più il negazionismo", dicono Andreea Mihaila e Alessia Amari (ISILTeP di Verrès).

"Cercheremo di far tesoro di quest'esperienza e di condividere quanto appreso coi nostri compagni. Non solo, conoscere chi ha vissuto sulla propria pelle queste sofferenze ci ha anche ricordato quanto è ancora vivo e in continua crescita il pericolo del riaffermarsi dei movimenti estremisti e xenofobi e del negazionismo, che nonostante le comprovate testimonianze e documentazioni storiche, trova ancora terreno fertile", aggiungono Soraya Paganone, Jolle Gyppaz e Mirko Martinelli (5a ISILTeP di Verrès). "Il 10 febbraio dev'essere il giorno per ricordare le vittime delle foibe, ma ad oggi molti individui non sanno nemmeno l'esistenza di questa giornata e tantomeno che cosa siano le foibe. Poter raggiungere i luoghi nei quali sono avvenuti questi eccidi, ogni stralcio di terra sui quali i nostri nonni hanno lasciato il loro sangue, è stata una possibilità di cui tutti dovrebbero godere", sostengono Alessandro Petruolo e Hamza Jellouli (5a ISILTeP, Verrès).

"Siamo entrati in contatto con una fetta di storia agghiacciante e drammatica, ma che, proprio per questo, non può più essere taciuta. Penso sia stato un modo perfetto per farci aprire gli occhi e farci toccare con mano queste realtà. Senza questo viaggio probabilmente non mi sarei mai resa conto così bene di quanto tutti questi eventi abbiano lasciato un segno indelebile nella storia delle terre che abbiamo visitato. Sicuramente una delle esperienze più ricche ed arricchenti che ci sono state proposte a scuola in questi anni", riferisce Francesca Rastello (5a Liceo linguistico Verrès). "Primo Levi scrive 'se comprendere è impossibile, conoscere è necessario', ed è proprio questo ciò che mi ha permesso di fare questo viaggio: mi ha permesso di conoscere. In generale posso affermare di aver apprezzato un po' tutto di questi tre giorni: la compagnia, le guide molto competenti, la storia travagliata di Trieste, una città veramente bella e ricca sotto tutti i punti di vista, la visita alla Foiba di Basovizza e anche la visita alla chiesa ortodossa di San Nicoló. Tuttavia credo che ciò che ho tratto da questa esperienza sia la consapevolezza che ogni storia per quanto piccola merita di essere ricordata, perché in un modo o nell'altro ha contribuito a creare il posto in cui viviamo oggi", sottolinea Aurora Lanaro (5a Liceo linguistico Bérard). "Il Sacrario di Redipuglia lo dice chiaramente: "Presente". A prescindere da bandiere ed ideologie, e a prescindere da definizioni spicce di ciò che è bene e di ciò che è male, uomini e donne come noi hanno dovuto essere presenti, fino alla fine, al palesarsi della duplice faccia dell'amor di patria. Da un lato il nobile valore di rispetto per la propria nazione, dall'altro il distanziarsi dello "straniero". Non dovrebbe scandalizzare che in trincea fosse soldato italiano contro soldato tedesco piuttosto che iugoslavo, quanto che fosse e continuava ad essere - uomo contro uomo. Essere umano contro essere umano. Presenti", aggiunge Francesca Mus (5a Liceo scientifico Bérard).

"Torno da questo viaggio con una maggiore consapevolezza di ciò che è stato e condividerò il più possibile le cose che ho imparato con le persone che ho accanto. Non possiamo permetterci di dimenticare, di negare, di tacere le morti e la vergogna che la prima e la seconda Guerra mondiale si sono lasciate dietro. Consiglio a tutti di intraprendere un viaggio del genere perché se c'è una possibilità di redenzione per l'essere umano è proprio il ricordo. Milioni di persone sono morte per questa guerra: non vanifichiamo il loro sacrificio, né la preziosa lezione che queste hanno lasciato in eredità a tutti noi", racconta Chiara Mighela (5a ITPR Corrado Gex). "Quando ci si occupa di materia umana rinchiusi in una stanza, si è distanti dalla concretezza e crudezza dei fatti. I numeri e le mappe celano le sofferenze dei profughi istriani o di coloro che sono stati gettati nelle foibe. Quest'opportunità ha permesso a noi studenti di prendere coscienza che quei soldati, quei morti, avremmo potuto essere noi", per Martina Mladeni (5a Liceo scientifico Bérard).

"Portare avanti il ricordo negli anni e nei secoli deve servire per rendere giustizia a tutti i profughi istriani strappati dalla loro terra dai soldati di Tito, alle migliaia di vittime private della loro dignità e uccise nella Risiera di san Sabba e a tutti i soldati morti sul campo di battaglia durante la Grande Guerra. La storia non è solo una successione di eventi, ma una lezione che ognuno di noi deve imparare ed interiorizzare affinché non si ripetano più tutte le grandi e terribili atrocità passate", sostiene Miriam Belluco (5a Liceo linguistico Bérard). "Questa è un'esperienza che consigliamo di ripetere, poiché conoscendo il passato di riesce a trasmettere un messaggio di pace e tolleranza in questo periodo di conflitti e dissapori tra diverse etnie", secondo Pascale Pession e Noela Venturini (5a Istituto tecnico per il turismo di Saint-Vincent). "In questi tre giorni ho appreso meglio e da un altro punto di vista le azioni ignobili perpetrate da uomini contro uomini esattamente come loro, uomini con cui, fino a qualche mese prima, avevano vissuto. Semplicemente perché ci si ritrova dalla parte del diverso per cultura e religione, dalla parte del nemico", conclude Stefano Gontier (5a ITPR Corrado Gex).
   

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